...Ancora un crack per Pato: tutta colpa sua?
Ancora una volta quella smorfia, ancora una volta quella mano che va a stringere un muscolo indolenzito, l’ennesimo bollettino medico e la prevedibile diagnosi sconfortante.
Alexandre Pato si è fermato di nuovo, pare ormai essere diventata una barzelletta che non fa più ridere, i suoi bicipiti femorali sembrano essere più fragili di un cristallo, alimentando l’indiscrezione che più che a Pato Branco il papero sia nato a Murano. Sono anni ormai che questo ragazzo non trova continuità, si ferma a ripetizione, mettendo a repentaglio una crescita professionale che sembra essere più lenta del previsto.
Paolo Maldini ha sostenuto che quando si è baciati dal talento c’è il rischio che la crescita sia più lenta. Non metteremo in dubbio le parole di un grande come l’ex numero 3 rossonero, ma c’è anche da dire che tutti quegli stop non aiutano a trovare consapevolezza e continuità da abbinare al dono di madre natura.
E’ diventato un caso di studio Alexandre Pato, lo hanno mandato sin negli Stati Uniti per trovare una soluzione a quella eccessiva fragilità muscolare, ogni volta sembra che sia stata scovata la natura degli infortuni, ma puntualmente arriva la smentita del campo, sempre lo stesso, sempre San Siro che non sembra portare fortuna al papero rossonero. Anche il manto erboso della scala del calcio è stato messo sotto accusa. A dir la verità non sembra brillare per compattezza e scorrevolezza, ben lungi dall’essere un perfetto prato all’inglese, ma sembra complicato che qualche buca qua e la possa essere responsabile di tante ricadute muscolari.
Continueranno a studiare il caso del numero 7 del diavolo, andranno a cercare quella spiegazione scientifica a tanti problemi, si spera che trovino una soluzione il prima possibile, magari prima che il ragazzo venga scaricato ad un club che sappia risolvere il problema, o che il tempo lo renda naturalmente più forte sotto le cure di uno staff diverso da quello rossonero.
Perché il rischio c’è, società e tifosi sembrano iniziare ad essere insofferenti, la trattativa con il Psg ed i fischi del derby ne sono la prova, inizia a calare la fiducia in questo giocatore dalle doti immense. Sotto accusa ci sono i suoi muscoli e la sua testa, secondo alcuni troppo fragile per reagire a tanti stop e per reggere le pressioni di un ambiente a dir poco esigente.
Forse, però, qualcosa in più si potrebbe fare per salvaguardare le gambe di questo soldatino di cristallo. Il Milan è appena tornato da Dubai, dove ha affrontato una preparazione invernale, a quanto pare anche piuttosto dura, volta a mettere benzina nelle gambe per la fase decisiva della stagione che si protrarrà sino a maggio. Il lavoro è stato svolto in medio oriente, al caldo, nelle condizioni migliori per il lavoro muscolare, ma le partite si giocano in Italia, nel periodo più freddo e pregno d’impegni dell’anno. Il muscolo, in linea generale, soffre il cambio di temperatura, lo “shock” termico cui è sottoposto nel passare repentinamente da una temperatura calda ad una gelida lo rende più fragile ed esposto a lesioni. Ne è esempio l’infortunio di Boateng, uno che non ci è mai sembrato essere così gracilino e cagionevole.
Se è vero, come è vero, che i muscoli di Pato sono più fragili del comune (e non c’è bisogno di scomodare luminari statunitensi per capirlo), forse un utilizzo immediato e così intenso al rientro dalla preparazione di Dubai non è quella che si definirebbe una manna dal cielo. Il Papero ha giocato gran parte della sfida di Bergamo, ha poi affrontato 80 minuti nel derby e, causa tempi supplementari, praticamente un’ora in Coppa Italia. Uno stress fisico non indifferente, un “sovraccarico” di lavoro che bene non avrà fatto dopo il richiamo in medio oriente, che sembra aver riempito le gambe di “piombo” che con il tempo si trasformerà in ossigeno prezioso per la volata scudetto.
Prendiamo atto di questo nuovo stop, continuiamo a rimanere sconcertati dall’impressionante quantità di problemi a quelle gambe che Guardiola ha sentenziato essere forti (fosse mica una gufata?), ma prendiamo anche atto di alcune attenuanti in questo processo continuo ad un giocatore con qualche difetto, forse qualche limite, ma anche una miriade di qualità. Distribuiamo le responsabilità anche sullo staff tecnico ed atletico che, forse, avrebbe potuto preservarlo meglio visti i precedenti, senza dimenticare, comunque, che il suo mestiere sarebbe quello di andare in campo con continuità, ma chiudendo un occhio su quest’ultimo aspetto vista la caratura e l’importanza del ragazzo.