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...Ad ogni passo falso torna in voga l'Ibradipendenza

di Emiliano Cuppone

Ciclicamente, soprattutto nei giorni seguenti una sconfitta, torna in voga la litania sulla “Ibradipendenza”.
Il Milan sconfitto all’Olimpico ha riaperto il processo alla compagine di Allegri ed a quel presunto legame stretto che passa fra i punti in classifica e le prestazioni dello svedese. Il Milan sarebbe in grado di vincere solo con le piccole, assumendo sempre più i connotati del gigante di Malmoe, massacrante con le difese di caratura inferiore.
Il discorso continua ad apparire fine a sé stesso, quando il numero 11 è in campo è naturale che faccia la differenza e che ci si aspetti da lui la giocata che risolve le partite, parliamo di uno dei migliori giocatori al mondo. Altrettanto naturale che la squadra cerchi con continuità lo svedese, colosso capace di tenere il pallone e far salire la squadra, nonché d’inventare da un momento all’altro un tracciante per mandare in gol i compagni, piuttosto che tentare l’uno contro uno per creare superiorità e cercare la soluzione personale.
L’ibradipendenza è un finto problema, una valutazione si dovrebbe fare qualora il ragazzo cresciuto a Rosengard non fosse in campo, con un Milan che dovrebbe dimostrare nel rettangolo verde di poter fare a meno di un giocatore di questa caratura. Fatto già accaduto nella scorsa stagione, con un Milan che seppe continuare sulla falsa riga (vincente) di tutto il campionato, potendo contare su un Pato straordinario che seppe stendere anche l’Inter in un derby dominato da un diavolo privo del suo colosso offensivo.
Il Milan di quest’anno ha scoperto di avere qualche problema di troppo negli scontri diretti, il gioco non appare fluido, specie in questo periodo, momento in cui mancano due fonti di gioco importanti come Aquilani (unico “geometra” di centrocampo) e Boateng (scheggia impazzita dell’attacco rossonero, capace di spaccare in due le difese creando spazio ed inventando con delle giocate imprevedibili), per non parlare dell’assenza di alternative importantissime come Pato e Cassano (giocatori capaci di cambiare la partita da soli anche entrando a gara in corso). Ibrahimovic non riesce ad incidere come vorrebbe, Robinho non attraversa un periodo brillante, la luce di Seedorf continua a brillare ad intermittenza ed El Shaarawy è ancora troppo acerbo per caricarlo di responsabilità da campione affermato.
In una situazione del genere è naturale che la squadra di Allegri cerchi con maggiore continuità Ibrahimovic, unico capace di fare la differenza al momento per i motivi sopra esposti, ma lo svedese non è un automa (anche se a tratti sembra avvicinarcisi), e se con le difese di un livello “inferiore” può permettersi di fare il bello ed il cattivo tempo, con quelle di pari grado, o che si avvicinano al livello rossonero, ha bisogno di una squadra in grado di sorreggerlo con la manovra e gli inserimenti.
Ci si continua ad interrogare inutilmente sulla dipendenza da Ibrahmovic di un Milan che ha tutt’altri problemi, che ringrazia il suo bomber e spera di recuperare pezzi importanti il più in fretta possibile per poter “deresponsabilizzare” un professionista unico, un campione immenso che necessità di serenità per rendere al massimo e continuare a fare la differenza.


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