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ESCLUSIVA MN - Buffa: "Sì ai quattro assi, ed ecco cos’ha Pato"

di Claudio Sottile

Federico Buffa non le manda certo a dire. Fine dicitore della cosa sportiva, meglio se calcistica, meglio ancora se a tinte rossonere.

Celebre per le sue frasi a effetto, sospese fra il filosofico e il mitologico, nell’approfondita ESCLUSIVA odierna di MILANNEWS “l’avvocato” non si tira indietro dall’arringa.

“Do you believe in miracles?": lui, con quei quattro là davanti, sì.

Vittoria all’esordio in Champions, dopo un’ora di grigiore: bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
“Per paradossale che possa sembrare mi è piaciuto di più il Milan di Cesena. Mercoledì il Milan ha giocato più una partita contraddittoria: primo tempo preoccupante, nel senso che la squadra era ferma, tutti volevano la palla sui piedi, non pressavamo. La cosa che mi sorprendeva di una partita di Champions, contro una squadra modesta e priva di grandi palleggiatori, era la mancanza di pressing. Si recuperava la palla dieci metri sopra la nostra area., ma in Europa hai il dovere di attaccare una squadra così. Il Milan ha pressato bene contro il Lecce, poi l’idea di Allegri di pressare la palla alta è sparita come se la squadra avesse paura di venire battuta sulle ripartenze altrui. Nel secondo tempo è cambiata, ma restano questi dubbi, è una squadra che ha tante doti che deve imparare a mettere insieme in un conteso organico, è sempre un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, a volte più vuoto di altre”.

Cartello lavori in corso?
“Assolutamente sì, è stato un passo indietro a livello di organizzazione di squadra rispetto alle partite precedenti”.

Boateng nota lieta della serata, lo vorresti sempre titolare?
“È un bell’argomento, personalmente ero uno di quelli che sperava prendessimo Boateng già dagli inizi di luglio. C’è un particolare, è un giocatore più forte in fase offensiva che in fase difensiva. Se lo metti vicino a Pirlo e a Seedorf il Milan ha un’ulteriore spinta purché giochi largo come ha fatto nel finale di partita, dov’è dirompente dal punto di vista fisico senza palla. È un giocatore come mai ha avuto il Milan negli ultimi anni, forse in parte Ambrosini, ma soprattutto ce ne sono pochi nel contesto del campionato italiano. Una fisicità fuori dal comune, ha dei buoni tempi d’inserimento e dei signori piedi. Quando la palla l’ha lui, sa sempre cosa fare. Mercoledì ha fatto un colpo di testa molto intelligente per pensare ad un inserimento di Ibra, il problema è che fa poca fase difensiva, in un contesto come quello del Milan dove non c’è nella testa questo concetto”.

Ci vorrebbe quindi un intenditore accanto, Flamini ad esempio?
“Sì, è un giocatore al quale il Milan dovrebbe affiancare un elemento che la fase difensiva la fa bene per forza, lasciandolo poi libero di andare, che non sia un problema per la squadra se va, ma sia un’addizione. Se invece lui va e la fase difensiva la fa uno alla Pirlo, fra un po’ Andrea alzerà una bandiera dicendo signori io non penso di fare un campionato così. Andrea ha finito in ginocchio a Cesena, ok era una partita un po’ particolare, però anche con l’Auxerre s’è andato amministrando pensando che ha una stagione intera. Però queste sono le cose che scricchiolano in un pensiero, Andrea non può sempre amministrarsi, mica giochiamo sempre con squadre che davanti non hanno niente come l’Auxerre, e questo prima o poi potremmo pagarlo. Pirlo e Seedorf fanno relativamente poca fase difensiva, quindi se c’è la soluzione tattica giusta allora si può utilizzare, mercoledì a metà del secondo tempo Boateng era l’unica arma che si poteva usare. Il ragazzo rende di più dalla metà campo in su, quindi con Pirlo e Seedorf non è sempre semplice metterlo sul terreno di gioco, premesso che è uno dei migliori acquisti fatti dal Milan a metà campo negli ultimi”.

Leonardo, in una recentissima intervista, ha detto che il Milan potrebbe non reggere in campionato, definito una “maratona”, a dispetto della Champions più frazionata.
“Molto interessante. Leo è uscito allo scoperto, aspettavo una sua dichiarazione calcistica educata come è nel suo stile, non mi stupisco abbia fatto questa. Io credo che ci sia una differenza fra il suo Milan dell’anno scorso e questo, gli avversari. L’anno scorso erano più forti, quest’anno sono più modesti, c’è questo vantaggio in più. Però è evidente che lui ha fatto una valutazione del sistema nel quale, quando ci sarà da pagare un conto, lo salderà il giocatore più importante, cioè Andrea. E siccome non puoi sostituirlo perché non c’è un’alternativa con le sue caratteristiche, nonostante Allegri ha fatto capire che Seedorf può giocare lì, anche se io voglio vederla questa cosa in un contesto agonistico di alto livello, il Milan un conto lì lo paga. Non è detto che sarà salato come in passato, perché il Milan è nettamente la più forte, però certamente è un’incognita”.

E poi c’è Pato, talento di “Swarovski”.
“Mi permetto di segnalare un’osservazione che mi fu fatta da un eccellente osteopata con indirizzo sportivo, un uomo che stimo molto. Mi disse un anno e mezzo fa che Pato avrebbe avuto un problema muscolare dopo l’altro. Il motivo? Dalla distorsione alla caviglia di Firenze, nel febbraio 2008, tremenda, quando gli si girò la caviglia di 40 gradi, il Milan non s’è mai preoccupato di ridargli la postura originaria. Non avendo ridatogliela, questo ragazzo sarebbe stato soggetto a grossi problemi muscolari, cosa che si è rivelata puntualmente da lì in poi, e aggiungo empiricamente, ora che è spaventato al minimo dolore si ferma, per paura di lacerare i muscoli. In Champions s’è infortunato all’altro adduttore, ma il senso è quello, la ricaduta dell’anno scorso s’è fatta sentire. Il Milan dovrebbe iniziare a pensare che i muscoli che non avevano avuto niente all’improvviso sono sempre in discussione, per una diversa struttura posturale. Bisognerebbe lavorare in una maniera diversa, il Milan ha cambiato struttura sanitaria, è uno dei dati estivi, vediamo quale atteggiamento assumono, già con Thiago Silva e Nesta non hanno voluto forzare, vogliono che i giocatori siano convinti. Le stagioni passano molto dagli infortuni e da come vengono trattati”.

Passando ad un altro scottante tema di attualità, lo sciopero dei calciatori, secondo te si arriverà alla rottura?
“In una vita precedente ero un avvocato e seguivo atleti, non si può escludere il calciatore dai suoi diritti e dall’idea che in sede di trattazione collettiva abbia tutte le possibilità di negoziare, anche usando strumenti di persuasione tipici del diritto del lavoro. Il calciatore è dal 1981 tutelato da una legge dello Stato, la 91, che prevede la trattazione collettiva; dopo questa premessa, perché i calciatori come tutti i lavoratori dipendenti hanno dei diritti, non ritengo lo sciopero la forma di logoramento applicabile in sede di trattativa, al di là della minaccia, perché è socialmente inaccettabile. Se il valore sociale del calcio è stato ritenuto tale da gestire e ideare il decreto salva perdite, che è completamente contrario a qualsiasi etica di settore, o in Italia le FDO vengono mobilitate la domenica con dei costi spropositati, e quello che succede alle FS viene coperto da assicurazioni o dallo stato stesso, credo, anche i calciatori non possono pensare di incrociare le braccia in un contesto sociale come questo. Negli USA dove c’è un’etica leggermente più calvinista, non è che vengono apprezzati quando scioperano, ricordo che l’NHL ha perso una stagione mentre football e basket un terzo in passato, ma è più accettabile per la loro mentalità. Non sciopereranno, e lo sanno benissimo. In Italia se tu scioperi secondo me rischi anche fisicamente dal punto di vista dei calciatori, non è accettabile. È ovvio che i calciatori più pagati sono quelli più esposti, e in realtà possono pensare a chi è meno fortunato di loro nella scala del professionismo italiano. L’altro giorno sentivo un commentatore dire che lo stipendio medio è di un milione di euro annuo, non è affatto vero. La maggior parte dei giocatori di Cesena o Lecce ne guadagna 250 mila l’anno, che comunque sono sempre tanti in lordo, ma è proprio l’idea che non giochino con quei salari non è praticabile”.

In estate è stata sbandierata la linea verde del Milan ma, nelle prime tre uscite, dei ragazzi tanto reclamizzati, non c’è traccia: dov’è finita?
“Da nessuna parte, non c’è lo spazio per il Milan per riuscire a sviluppare un discorso giovanile. Devono giocare e non c’è spazio in prima squadra, che cercano altrove, dove diventano buoni giocatori. Vedi Matri, un giocatore della lodigiana che può stare benissimo in una squadra da 6-7 posto, al Milan come cambio ci può stare, ma il Milan non produce un giocatore da primi undici dall’era Albertini. È arrivata la sentenza Bosman, e con otto italiani su undici avevi l’interesse, non avendo più il vincolo prendi prodotti finiti e spesso nemmeno questo. Per fare una politica dei giovani devi sperare che un ragazzo vada a giocare in una società amica, e questo esploda in quel contesto, le possibilità sono del 10%, e non è detto che tu te ne accorga, in alcuni casi sfugge. È un gatto che si morde la coda, almeno uno di questi ragazzi avrebbe bisogno di giocare per davvero nel Milan. Faccio l’esempio più controverso: Albertazzi. Il Milan ha preso cinque centrali prima di lui, gente come Onyewu è più forte di Albertazzi? Lui ha tutto per diventare un calciatore di alto livello, è tanto intelligente, uno che sta prendendo il diploma da pilota, è un ragazzo con un altro passo. È un mancino che gioca centrosinistra, una zona dove il Milan avrebbe proprio bisogno, ha classe, look, idee, anche un minimo di presunzione che non è male, quando mai vedrà il campo? Magari fa uno spezzone di Coppa Italia e fa una brutta prestazione”.

Quanto serve Robinho?
“Robinho serve come polizza per Ronaldinho, dandogli quattro anni di contratto alla metà di quanto prende Dinho ora. Quando si siederanno al tavolo delle trattative col fratello di Ronaldinho, il Milan dirà facciamo una trattativa alle cifre che vogliamo noi, non i sedici lordi che prende ora. Il Milan rifirma a una cifra di dieci milioni lordi, facendo capire che su quelle basi si ragiona.Il Milan Ronaldinho lo vuole tenere, però a cifre diverse, prima dell’arrivo di Robinho De Assis poteva tirare, adesso no, il giocatore al Milan ci vuole restare, ma con un altro tipo di trattativa. Il Milan ha fatto un’operazione di mercato davvero intelligente”.

Sei favorevole ai quattro assi tutti assieme davanti?
“Deve giocare a quattro davanti, perché sarebbe un grosso peccato se non lo facesse, ma serve un calcio più organico. Vedere Gattuso costantemente al limite dell’area avversaria mi ha colpito, il Milan ha il problema di non intasare davanti, non deve portare lì quelli che vengono da dietro, altrimenti non c’è lo spazio.E in più c’è la questione Ibra, che è un giocatore da spazi e palla lunga, che fa venire su, oppure vuoi impiegarlo in uno schema da retaggio ancelottiano, mettendolo al limite dell’area? Il Milan deve mettere Ibra al centro del suo calcio: tu puoi averne quattro davanti, però devi giocare in modo omogeneo, non è blasfemo pensarlo e farlo”.

In una tua celebre massima affermavi che “in un universo parallelo il Milan non vende i Palloni d’oro”, con Kakà c’hanno visto giusto in quell’universo?
“Io aspetterei sulla questione Kakà, ci credo quando Galliani dice di averlo venduto che non aveva la pubalgia. E la pubalgia appare e scompare, l’anno scarso l’ha letteralmente martoriato, un giocatore con quelle caratteristiche non ce la fa, poi il problema al ginocchio, e un rientro affrettato per giocare i Mondiali. Su quella macchina perfetta e su quel corpo sono state perpetrate nefandezze che lui, da professionista qual è, si è fatto perpetrare. Ora ha detto che si ferma per sei mesi per rimettersi a posto; Daniele Tognaccini, che ha partecipato a costruire quel bambino arrivato con gli occhialini e un corpo tutto da formare, nel super atleta del Pallone d’Oro 2007, m’ha detto che per Kakà era stato traumatico andare via dal Milan. A Madrid sei abbandonato, ti pagano e vogliono vedere la performance, al Milan sei più seguito. Per lui è stato choccante, aspettiamo i sei mesi, già al Mondiale stava facendo vedere qualcuna delle sue caratteristiche, eventualmente in quel momento potremo dire se il Milan ha fatto bene o male. Sono convinto che ci sia un’idea forte dell’Inter per prenderlo, se prendiamo Vieri è un conto ma Ibra è uno che decide, quindi stanno pensando di pareggiare il colpo. Il mio terrore è la coppia Leonardo-Kakà ad Appiano Gentile”.

Avresti sacrificato Borriello sull’altare per Ibra?
“Io credo che sia stato curioso che sia stato venduto a dieci milioni, dopo che l’aveva pagato quindici appena due anni fa, e averlo portato in Nazionale. Evidentemente ci sono questioni politiche e il momento in cui bisognava fare un’operazione di questo tipo. Sono convinto che Marco sia stato sottovalutato nel suo impatto al Milan, penso che abbia fatto fare molto bene ai suoi compagni di squadra. Passare da lui a Ibra fa un certo effetto, ma non ne faccio un fatto tecnico, ma di tipo di giocatore. Se fai un fermo immagine delle partite di Ibra lo trovi in venti parti diverse del campo, Borriello in quattro - cinque. È facile trovare Borriello trovare sullo scacchiere della partita, più difficile Ibra che è più libero nell’interpretazione. Ovviamente è un altro tipo di giocatore, poi lui aveva paura di perdere la Nazionale, è stata una cessione quasi naturale, s’era arrivati in un contesto in cui non poteva più giocare. Mi dispiace perché è sempre stato un giocatore del Milan e da Milan, sarebbe stato curioso seguirlo fino al termine dell’esplosione. In via Turati risuona l’invito classico a vedere a chi ha segnato, quattordici gol mai uno alle grandi, tutte con squadre dal quinto posto in giù, anche se mi sembra molto ingeneroso”.

I fuochi d’artificio dell’ultima campagna acquisti hanno più radici tecniche o politiche?
“S’è creata una situazione irripetibile.Non avremmo mai preso Ibra a condizioni di mercato normali, perché quei soldi non vogliono che ci siano in via Turati. Guardiola è andato dai suoi dirigenti e ha detto di non voler più allenare Ibra, e il Barcellona ha sbagliato ad aspettare il 30 agosto, a quel punto il giocatore ha detto che al City non andava e s’è preso la squadra che voleva, stesso discorso per Robinho. Berlusconi a venticinque milioni Ibra lo prende, quindici per Cissokho non provare neanche a chiamarlo. Ibra è un investimento, è un’operazione che piace a Berlusconi, che è troppo un uomo d’affari per dire di no. Ripeto si è creata una situazione quasi irripetibile nella quale un campione di quel calibro va via a un prezzo alla Quaresma”.

Dove arriverà il Milan 2010/2011?
“Il Milan deve vincere lo scudetto. Per la Champions è chiaro che sia una competizione di alto livello, ricordando che in singola partita può battere chiunque. In Italia la pausa di venticinque minuti nelle partite di campionato non la noti più di tanto, sei troppo superiore ai tuoi rivali. In Europa superato il gironcino, nel quale quest’anno sarà facile qualificarsi ma difficile col Real di Mourinho farlo da primi, la pausa la paghi e becchi due gol come fatto dallo United lo scorso anno, e quel livello non la recuperi più. In Europa deve incatenarsi tutto, è troppo complicato arrivare in fondo, mentre in Italia è nettamente più forte per una serie di motivi. Se dovessi mettere il dollaro lo metterei sul campionato, c’è la condizione ideale per farlo, anche se sono concorde con Leonardo quando dice che il Milan paga dei conti in giro per il campionato”.
 


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