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Yanga-Mbiwa, Diarra e Quagliarella: al Milan servono almeno tre elementi pronti subito. Kakà sempre più lontano, ed ora caro Galliani, come la mettiamo? Allegri, Zaccheroni e quelle strane similitudini

di Fabrizio Tomasello

Partiamo dalle notizie fresche: la fascinazione Kakà è tramontata quasi definitivamente. A meno di clamorose sorprese dell’ultimissima ora, anche i più ostinati fiscalisti si sono finalmente resi conto che questa operazione è (ma lo era fin dall’inizio) a dir poco improbabile, a meno di non voler considerare Florentino Perez e tutti i suoi accoliti, una banda di sprovveduti impreparati.
Ebbene, cosa avrà in mente adesso il nostro Amministratore Delegato dopo aver puntato tutte le energie di un’intera campagna acquisti solo sul ritorno di Riccardino nostro?
Al Milan servono almeno 3-4 titolari, per coprire i crateri lasciati dalle partenze dei monumenti rossoneri. Ieri quando è arrivato il pullman della squadra nel sottopassaggio dello Stadio Meazza e sono scesi i giocatori del Milan, ho avuto una specie di mancamento, seguito poi da una botta di sconforto che non dimenticherò presto.
Ero abituato a veder scendere dal torpedone rossonero personaggi rassicuranti per noi (terrorizzanti per gli avversari) quali Nesta, Seedorf, Gattuso, Inzaghi, Van Bommel, Zambrotta e per ultimi Ibrahimovic e Thiago Silva. Ieri la sfilata dei calciatori del Milan ha visto procedere in ordine sparso Mesbah, Antonini, Constant, Traorè, Flamini, Bonera, Acerbi, Zapata, De Sciglio, e mi fermo qui per non infierire.
Ribadito il massimo rispetto per Allegri e i suoi boys, resta innegabile che quella che fino a quattro mesi fa era una sorta di invincibile armata, sembra adesso un’accozzaglia di giovanotti messi lì per caso, con la faccia spaurita di chi non sa ancora bene cosa fare e con la sensazione di essere anche un tantino fuori posto.
Per giunta, dopo la sconfitta rimediata dai blucerchiati di Ciro Ferrara, è arrivata anche la ciliegina sulla torta: vedere Alexander Merkel furoreggiare con la maglia del Genoa ed andare anche a segno nella vittoria dei rossoblu contro il Cagliari.
La colpa di tutto questo di chi è? Troppo facile sparare sul pianista, anzi sui pianisti (la premiata ditta Berlusconi/Galliani), ma resta il fatto che malgrado le accertate difficoltà economiche si poteva, si doveva fare di più.
Se nella giornata inaugurale del campionato 2012-13, le due prime scelte di Allegri in difesa sono Bonera e Yepes, cioè la quarta e la quinta scelta dell’anno scorso, vuol dire inequivocabilmente che questa squadra ha perso quantità industriali di tasso tecnico.
E non sarebbe certo bastato l’arrivo di Kakà a tamponare la situazione. Al Milan serve un altro difensore centrale forte, un centrale di centrocampo autentico, per consentire a Montolivo di tornare a giocare da mezzala dove rende di più e soprattutto un attaccante in grado di fare 20 gol e di completarsi magicamente con Robinho, El Shaarawy e Pazzini (qualcuno mi perdoni se ormai non menziono più il povero Pato).
Detto che la rinuncia a Nuri Sahin, finito a Merseyside per indossare la casacca del Liverpool, è a mio avviso è scandalosa, tenuto conto che il turco-tedesco è andato a giocare in Premier in prestito, i nomi ci sarebbero ancora: innanzitutto Yanga-Mbiwa, centrale di difesa del Montpellier che continua a scrivere poesie d’amore a via Turati, ma che nessuno al Milan sembra voler accogliere; poi Lassana Diarra, centrocampista del Real Madrid in scadenza nel 2013 (come il francese) e quindi decisamente abbordabile, anche se con uno stipendio importante; Fabio Quagliarella per l’attacco, jolly buono per tutte le circostanze, capace di gol spettacolari ed in grado di risolvere ogni partita in qualsiasi momento (nella sua prima stagione alla Juve, prima del gravissimo infortunio al ginocchio, aveva segnato 9 gol in 17 partite).
Intanto è arrivato Mbaye Niang dal Caen, che ha mandato in sollucchero lo sconsolato, avvilito, affranto popolo rossonero. E’ bastato un ragazzino del ’94 per scatenare entusiasmi sopiti, provate ad immaginare se Galliani e Braida riuscissero davvero a portare altri tre elementi di spessore alla corte di Allegri.

E visto che l’abbiamo appena nominato, passiamo al nostro allenatore. C’era qualcosa che mi frullava nella testa da qualche mese, precisamente all’indomani della sconcertante piazzata di Berlusconi durante Milan-Barcellona di Champions League. Era evidente che la sua insoddisfazione non potesse essere solo condizionata dalla prestazione, non brillantissima ma nemmeno indecente, dei rossoneri quella sera. Il fastidio del Presidente aveva un nome e un cognome: Massimiliamo Allegri.
Così come 11 anni fa si chiamava Alberto Zaccheroni.
Ma cos’hanno in comune i due tecnici, arrivati al Milan in epoche così diverse?
In entrambi i casi, i due “parvenu” della panchina, senza background scintillante e soprattutto non scelti da Berlusconi, appena seduti sulla panchina rossonera portano a casa un risultato sensazionale: Zaccheroni arriva al Milan nel 1998-99 dall’Udinese e vince subito lo Scudetto. Allegri arriva al Milan nel 2010-11 dal Cagliari e vince subito lo Scudetto.
Il trionfo inatteso li pone nella classica botte di ferro e almeno per la stagione successiva possono sentirsi tranquilli. Zaccheroni chiude la stagione 99-00 al terzo posto, Allegri arriva secondo nel campionato appena concluso.
Ma a questo punto il bonus messo a disposizione di Berlusconi scade e quindi scatta la rappresaglia, messa in atto in termini di calciomercato. Nella terza stagione di Zaccheroni al Milan, 2000-01, in estate arrivano tal Julio Cesar dal Real Madrid, quel fenomeno di Roque Junior, il pacco rifilato dalle “merengues” a nome Fernando Redondo (pagato 35 miliardi e visto solo in infermeria per almeno due anni) e per concludere Gianni Comandini, l’eroe di un derby passato alla storia….e basta.
Il terzo regno di Allegri sulla panchina rossonera inizia sulla stessa falsariga: arriva Montolivo (preso già l’anno scorso) e poi una sequela di ragazzotti volenterosi e poco più, che ancora fatichiamo ad inserire nella rosa del Milan: Traorè, Constant, Zapata, Acerbi, Gabriel.
Vale la pena ricordare ad Allegri come finì l’esperienza di Zaccheroni in rossonero, esonerato pubblicamente da Berlusconi dopo l’eliminazione dalla Champions League? Caro Massimiliano, sono ammessi tutti i tipi di scongiuri.

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