Smettetela di parlare di scudetto, non siete credibili. Fischi a Emerson? Si, ma i destinatari erano in tribuna. Non ci sono più alibi, per nessuno
Uscendo da San Siro sabato, dopo Milan-Juventus, ho ripensato subito a chi ha speso soldi per vedere quello scempio. Chi si è fatto migliaia di chilometri per entrare nella ghiacciaia dello stadio e vedere uno spettacolo indecente per le cifre applicate sui biglietti. In altri contesti, sarebbe scattata la richiesta del rimborso dei soldi buttati per uno 0-0 che non ha giustificazioni per come il Milan è sceso in campo. La Juventus ha fatto la sua partita, perché nelle difficoltà bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno, senza dimenticare che l’occasione più importante della gara l’hanno avuta i bianconeri con Cambiaso, stoppato da un intervento salvifico di Thiaw. Paulo Fonseca e il suo percorso tecnico non funzionano, ormai è evidente e il Milan è totalmente solo. I fischi di San Siro sono una sentenza che sta diventando una consuetudine, specialmente quelli a fine partita quando lo stadio si è fatto sentire in maniera seria e importante così come si era fatto sentire al momento della sostituzione di Emerson Royal. I fischi all’ex Tottenham, autore ancora una volta di una prestazione scadente, non sono solo ad personam, ma sono fischi verso chi lo ha scelto, ovvero Furlani, Moncada e Ibrahimovic. È giusto dirlo.
Se poi lo stesso Fonseca dà ragione ai tifosi, allora siamo prossimi alla chiusura del sipario. L’allenatore portoghese parla, spiega, non si tira indietro dal dire le cose, ma è lui che deve trovare delle soluzioni. È lui che dovrebbe dare ai calciatori una guida credibile, una mentalità diversa. E invece del gioco dominante di cui si fa evangelista, nemmeno l’ombra. Contro la Juventus si è vista, ancora una volta, tanta confusione tattica. Un 4-4-2 in non possesso con Leao stretto accanto a Morata e Reijnders a fare l’esterno sinistro. Una scelta che non ha prodotto nulla e contro una Juve decimata, ci si sarebbe aspettati un bel po’ di coraggio da parte di Fonseca, che invece ha infoltito la mediana e ha tenuto fuori uomini offensivi, dando il messaggio che sarebbe stato meglio non prenderle che provare a darle come ha fatto trasparire Fofana in conferenza stampa. Il Milan, senza Pulisic in campo, non ha una giocata codificata che sia una, la THEAO ad oggi è un lontano ricordo di quella che era una fascia devastante poiché non è messa nelle condizioni di rendere al meglio (oltre a un momento non brillante di Theo), Morata viene indietro a cucire il gioco ma svuota l’area di rigore laddove si decidono le partite. Sarebbe il caso di finirla di parlare di scudetto, sia ai piani dirigenziali sia a quelli tecnici, perché qui c’è a rischio la Champions League del prossimo anno e se non dovesse arrivare, lì si che sarebbero dolori sotto tutti i punti di vista perché le altre corrono, eccome se corrono. Il campo dice questo e ora in Champions non saranno ammessi altri risultati da quattro vittorie, a partire da domani contro lo Slovan Bratislava. Almeno lì c’è la possibilità di poter centrare un obiettivo, ovvero arrivare agli ottavi saltando i play off.
Ma di questo passo, senza sussulti sul mercato, che dovrà mettere i risultati davanti alle questioni economiche, si rischia una stagione che potrebbe quasi azzerare il rapporto con la propria piazza. Perché scelte forti, che possono portare un’inversione di tendenza, possono far arrivare risultati che valgono moltissimo. E di tutto questo momento è responsabile anche, se non in primis, la proprietà che ha dato le linee guida di gestione del club a chi, poi, le deve portare avanti. Arrivare a maggio così, fidatevi, è lunga e non conviene a nessuno.