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Scelte strane e accuse irresponsabili: Allegri e Conte riscaldano Milan-Juve

di Luca Serafini

La formazione iniziale della partita contro l’Arsenal era incomprensibile. Rivedere Seedorf e Robinho titolari dopo lo scempio di Udine sembrava più una provocazione che una logica. Inspiegabili le tribune di Mesbah e Maxi Lopez, indigeste le panchine di El Shaarawy e Ambrosini migliori in campo in Friuli. A volerla dire tutta, c’era qualcuno che aveva dubbi anche su Abbiati al rientro, dopo le prodezze di Amelia. Si andava incontro a una disfatta annunciata. O quantomeno a una notte di rimpianti. Le nostre perplessità sono state spazzate via con superbia, almeno quanto lo erano i dubbi.
Entrare nella testa e scoprire le alchimie di un allenatore del resto è difficile: si parte da seduti su un divano o al tavolo di un bar o in una tribuna stampa, a sputare sentenze su uno che sta in tuta sul campo dalla mattina alla sera. E’ vero che il calcio non è così difficile come gli allenatori sovente lo dipingono, ma è anche vero che certi meccanismi, talune indicazioni che ti arrivano dal campo, dallo spogliatoio, noi al massimo possiamo coglierle e discuterle, ma mai conoscerle a fondo. Il fatto è che contro l’Arsenal il Milan ha giocato da Milan, ha fatto il Milan, senza alcuna sbavatura in difesa, con umiltà, attenzione, rabbia. Antonini ha stravinto il suo duello contro Walcott come – con le dovute proporzioni – Abate fece contro Cristiano Ronaldo, e così di Mesbah non si è sentita mancanza. Emanuelson a sinistra a centrocampo non ha avuto alcun problema nel girarsi con la palla sul destro, con Nocerino a destra Ambrosini ha fatto bene a riposare. Robinho ha segnato 2 gol, El Shaarawy aspetti comodo il suo turno. Ecco, il calcio funziona così, al fischio d’inizio sei l’ultimo dei pirla e al fischio finale diventi il miglior stratega di tutti i tempi. E l’ultimo dei pirla, io. Allegri lo ha capito e resta sempre uguale, sereno nella sconfitta e misurato nella vittoria: già questo è un merito. Poi si fa sempre in tempo a dire che uno azzecca i cambi, che però ha avuto culo, che la formazione era sbagliata. Per discutere di tutto il resto, insomma, ci sono appunto i divani i bar le tribune stampa.  
Allegri ci perdoni: resta pur sempre l’allenatore che ha vinto lo scudetto giubilando Ronaldinho e Pirlo per Robinho e Flamini, scegliendo i taglialegna piuttosto degli architetti dello chalet. Noi siamo per Ronaldinho e Pirlo, ma ci ha dimostrato che lo scudetto dopo 7 anni si vince in un altro modo. Rassegniamoci, rassegnatevi dunque a Robinho ed Emanuelson: se il dazio da pagare è vincere, paghiamolo. E siccome paghiamo, ci si consenta qualche volta di criticare. E’ così bello, nei pomeriggi di Udine e nelle notti con l’Arsenal, essere smentiti…
      
La notte di mercoledì, oltre a ridare definitivamente coraggio e fiducia, ha emesso una sentenza chiara, solare: il destino del Milan dipende in buona parte dal Milan. Che può riuscire nell’impresa di perdere il derby o in quella di asfaltare i Gunners 4-0, di pareggiare sui campi del Bate Borisov e del Viktoria o di vincere a Udine. Sta ad Allegri e alla squadra non far diventare ogni gara un terno al lotto, ma forse il recupero dei molti acciaccati contribuirà a ridare quella continuità avuta dai rossoneri tra ottobre e gennaio.
 
E’ dalla prima giornata di campionato, Juventus-Parma 4-1, che Conte e Marotta strillano sugli errori arbitrali. Sono errori, appunto, e mai come in questa stagione sono divisi equamente tra Juventus e Milan, senza star qui a far la lista per ricordare gli episodi. Se è proprio la Juve a tornare ad agitare i fantasmi di Calciopoli, ipotizzando disegni occulti di qualsiasi specie ed entità… allora proprio la Juve come nessun’altra può tornare a esasperare gli animi della gente e rovinare il clima di un duello fino a questo momento emozionante ed equilibrato. Conte, Nedved, Marotta e gli altri che celebrano i martiri del 2006, lascino che si respiri l’aria pulita nata da quelle ceneri. Lo sanno molto bene che i nostri arbitri sono modesti e sotto pressione, ma non corrotti come lo erano allora. Abbiano il pudore di ricordarselo ogni volta che stanno per aprire bocca. E provino a richiuderla subito, prima di sputare un’altra infamia.          


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