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Pioli, decalogo di un esonero. Infortuni: basta parlarne! Bisogna risolvere il problema. In campo più tensione che carisma

di Luca Serafini

Quando le cose vanno male per una squadra di calcio, i tifosi cercano colpevoli mentre la società deve invece occuparsi di soluzioni. In entrambi i casi, soprattutto in un 2023 così complicato che ha condotto i rossoneri su un esile filo di equilibrio sia in campionato che in Champions, i riflettori sono accesi sull’allenatore: è normale, fisiologico, scontato direi. 

Come valutare la possibilità di un esonero? Anzitutto, il rapporto tra il tecnico e la squadra. È necessario raccogliere elementi ambo le parti per capire se c’è ancora fiducia, se esiste empatia e se prosegue un percorso congiunto. Dall’esterno, sembrerebbe che il connubio stia in piedi: prestazioni come contro PSG e (parzialmente) Napoli e Lecce non si offrono se non c’è unità di intenti o addirittura - come molti tastieristi ipotizzano o millantano - si è creata una spaccatura interna allo spogliatoio. Sta alla dirigenza approfondire con meticolosità. 

Poi ovviamente i risultati, che sono invero la prima causa a determinare l’effetto. Personalmente continuo ad attribuire le montagne russe di questa stagione agli infortuni, troppi e reiterati ormai da qualche anno, ma l’indagine di cui parlo dovrà appurare invece se formazioni, modulo e cambi che l’allenatore dispone, siano congeniali ai giocatori. Senza dare loro, sia chiaro, un potere decisionale (perché anzi vanno messi di fronte alle proprie responsabilità), bensì per stabilire appunto quale sia il livello di sintonia e accettazione del lavoro quotidiano. 

Nell’eventualità in cui si andasse in direzione di un esonero, bisognerebbe infine disporre di un’alternativa valida e credibile. Il Napoli ha vagliato Tudor e poi preso Mazzarri: se si pensa che con certi profili si possa migliorare, prego! Si può procedere a esonerare Pioli subito. Altrimenti forse sarebbe opportuno proseguire, purché i pezzi del mosaico combacino e la situazione non precipiti.

Degli infortuni scrivo e parlo da tempo, ora mi ritrovo in folta compagnia. Non è più il caso di scriverne e parlarne: bisogna affrontare, approfondire seriamente e infine risolvere il problema. Ripeto ancora di non avere qualifiche né elementi per individuare nei campi duri, nella preparazione, nei sistemi e nei metodi (comprendendo prevenzione e riabilitazione) la causa o le cause principali, ma chi se ne occupa ha il dovere di estirpare questa piaga divenuta insostenibile. 

Un’ultima riflessione riguarda la squadra. A prescindere dalle assenze con cui ti presenti agli impegni e alle pedine che sistematicamente perdi a partita in corso, occorrono una crescita di personalità e leadership sostanziosa. Quando il Milan accusa le prime difficoltà, i veterani anziché prendere in mano le redini e incutere tranquillità, ordine, sostegno, si innervosiscono fino a cartellini gialli e rossi come se piovesse. Ben sapendo che dagli arbitri il trattamento riservato a Tizio con una maglia non sarà uguale a quello usato per Caio che di maglia ne ha un’altra, è meglio contare fino a 10 per non lasciare la squadra, in 10. A peggiorare la situazione arriva anche il presunto coinvolgimento di Florenzi nel pasticcio delle scommesse. Non c’è davvero pace.

È il momento in cui tutte le componenti (dirigenza, staff, squadra) si compattino estirpando i piccoli problemi e dissipando i grandi. 


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