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Orgoglio, onore e amor proprio: ognuno rifletta sui propri errori. Per ripartire ci vogliono coraggio, onestà e freddezza

di Luca Serafini

Erano in tanti a non crederci, immagino siano cresciuti a dismisura in queste 3 settimane. Nessuna fiducia nella società, nell'allenatore e di conseguenza nei risultati della squadra. Le critiche sperticate passano dall'assenza di una direzione sportiva a un mercato confuso, gravi carenze nella comunicazione e una scelta di scarsissimo appeal dell'allenatore. Per finire con il comportamento dei giocatori, in campo e non solo.
Il momento è buio, buio pesto, non è confutabile. L'ennesimo stravolgimento al vertice con l'ingresso di RedBird aveva riportato il Milan a una nuova partenza, senza Gazidis, Maldini, Massara e poi Pioli, con Furlani, Ibrahimovic, Moncada e Fonseca. Accanirsi in un libero sfogo ha senso, è un esercizio iniziato la scorsa stagione non essendo bastato a nulla il 2° posto di fronte ai naufragi in Champions, Europa League, Supercoppa, Coppa Italia, nei derby. Tanto è bastato a mettere in discussione anche il valore assoluto di una squadra che frana alle prime picconate, non cresce, non matura.
Possiamo muovere critiche alla proprietà e alla dirigenza, poiché da soli si accorgono che troppe cose non stanno funzionando, ma questa è e questa resterà, dovendo necessariamente capire, imparare dagli errori e trovare punti di svolta comuni. Pensare alle soluzioni. Possiamo aspettare ancora per poco il lavoro dell'allenatore, la gestione dei giocatori, la possibilità di restituire identità, solidità, anima a un gruppo disarmato. Non possiamo più aspettare che tutti, in campo, abbiano un atteggiamento e un cipiglio diversi. Alla Pavlovic, per intenderci. Devono rispondere subito.
Buttare tutto a mare non è mai un'analisi, non è mai una soluzione. Mi rifaccio al titolo: per ripartire ci vogliono coraggio, onestà e una fredda lucidità. Occorre un severo, profondo esame di coscienza. Tutti, nessuno escluso, devono stare dritti davanti allo specchio e interrogarsi. L'unica componente che come al solito ha risposto è la tifoseria, con il suo entusiasmo, la sua presenza, la sua partecipazione. Oggi questi aspetti sono appiattiti.
Il Milan ha preso 6 gol in 3 partite, 5 in fotocopia. Ha sbagliato in ogni reparto, tanto, in malo modo. L'impatto è stato devastante, la sosta non aiuta a rimettere insieme i cocci in un momento in cui serviva unità. Non ci sono più alibi né scuse, però: San Siro attende la partita con il Venezia come i tribuni i soldati sconfitti, o - peggio - disertori.
Comunque la si giri, accogliendo in silenzio la buona fede espressa dai protagonisti, la vicenda di Theo e Leao lontani dal resto del gruppo durante il cooling break all'Olimpico, è stato un momento di disorientamento generale per chi lo ha vissuto da fuori. Era del tutto fisiologico che desse la stura a interpretazioni maliziose, severe. La loro esclusione in partenza è stata un'altra decisione su cui riflettere, per il loro rendimento in primis e per la bontà della scelta poi. 
Non si può più nascondere la polvere sotto al tappeto. E' già tempo di sollevarlo, arrotolarlo e spostarlo, il tappeto, per pulire, lavare e lucidare il pavimento. Venezia, Liverpool e Inter devono trovarsi di fronte a qualcosa di molto diverso da quello che abbiamo visto fino ad ora. Per rispetto nei confronti dei tifosi, certo, ma anche e soprattutto per orgoglio, onore e amor proprio.


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