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Niente e così sia

di Luca Serafini

Il capolavoro di Oriana Fallaci che aveva questo titolo, raccontava le testimonianze di soldati americani che avevano combattuto in Vietnam e l'esperienza della grande giornalista e scrittrice come corrispondente di guerra. Rispondeva con quel libro alla domanda della sorellina: "Cos'è la vita?" Niente, appunto, di fronte a quegli eventi sanguinosi che rappresentano un'onta per l'umanità.

Lo prendo in prestito chiedendo virtualmente scusa, perché mi è venuto in mente nel dopo partita col Liverpool martedì sera quando, rispondendo all'inviato di MilanTv che gli aveva chiesto: "Cosa avreste dovuto fare meglio?", Davide Calabria ha risposto: "Tutto". Così è stato, infatti: niente e così sia è avvenuto dopo il gol di Pulisic, che meglio non si poteva incominciare. Niente e così sia è avvenuto quando il Liverpool ha alzato il ritmo e iniziato a macinare, che peggio non poteva andare. Sconcertante la prestazione, sconcertanti le statistiche, sconcertante il marasma in cui poi anche a livello individuale ha condizionato la squadra. 

Mai nessuna reazione, un sussulto, un lampo sulla spinta di San Siro che ha cantato e incitato fino a quando ha perso la pazienza. E alla fine ha fischiato, e alla fine ha gridato, e alla fine ha fatto capire che la misura è colma. Niente e così sia nelle dichiarazioni autoritarie di Ibrahimovic nel prepartita: comando io, gli altri obbediscono, lavorano tutti per me. Una diminutio che non poteva sfumare e che infatti non è passata inosservata, suscitando reazioni disparate in un momento in cui francamente dovrebbe regnare l'umiltà assai più della spavalderia, che casomai bisognerebbe avere in campo.

Nel frattempo - verso l'ennesimo derby in cui in fantasmi si agitano assai più della fiducia -, giornali, opinionisti, ex allenatori ed ex giocatori si sono sbizzarriti nell'elenco delle mancanze rossonere, dalla dirigenza allo staff sino alla squadra. Hanno spulciato tra i rapporti dell'allenatore con Ibra, tra l'allenatore e la squadra, tra Fonseca e le sue parole in conferenza stampa e davanti ai microfoni. Il panorama che ne esce rimanda sempre al titolo di quel libro. 

Situazione buia, spente le luci e i fili elettrici tagliati del resto, rumors di nomi nuovi in panchina già da lunedì. La rabbia e la tristezza si mescolano fra loro, più pesanti della rassegnazione che avvolge questa complicata vigilia in salita verticale. L'Inter 24 ore dopo in Inghilterra ha dato nuova dimostrazione di solidità, tempra, organizzazione, dimenticando Monza.

Sono 6 derby che alla vigilia si parla di motivazioni, rivalsa, orgoglio, dignità e poi vanno a finire uno peggio dell'altro nella sostanza e nel punteggio. Non ripetrò quelle parole, allora, ma due che erano tanto care a mio padre: amor proprio. Amor proprio significa avere autostima e rispetto per sé stessi, significa dimostrare agli altri il proprio valore, significa far vedere di avere un anima, un carattere, una personalità. Far vedere di avere le palle, insomma. Sarebbero sufficienti quelle per cambiare il vento, la rotta, l'andazzo, evitando voi e risparmiando a noi un'altra umiliazione.


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