Maxi Lopez e Tevez insieme: ecco perché
Chi sa, sa: perché ha un cugino, perché ha un amico, perché sanno, perché sa. Di calcio, e di mercato, e di calciomercato, sanno tutti. Hanno agganci, procuratori, giocatori, giornalisti, allenatori, lattai, taxisti che spifferano, rivelano, assicurano… Noi non sappiamo. Proviamo ad analizzare, per esperienza nostra, per conoscenza nostra, per mestiere nostro, non fidandoci delle balle o delle verità degli altri. Abbiamo detto nelle scorse settimane che mancavano troppe risposte all’infinità di dubbi che la vicenda-Tevez e la vicenda-Pato avevano suscitato. Come previsto, una trattativa è proseguita e l’altra è subito naufragata. Oggi analizziamo la situazione partendo da Milanello e non da via Turati. Il recupero e l’integrità fisica di Cassano e Pato sono un’incognita troppo grave per non porvi rimedio. Inzaghi non fa e non farà parte della strategia di Allegri. El-Shaarawy, solo a piccole dosi. Dunque? Dunque, rimangono solo Ibrahimovic e Robinho. E’ una questione meramente numerica. Se Ibra avesse la tosse prima dell’Arsenal, la coppia titolare sarebbe Robinho-El-Shaarawy (stavolta sarà inserito nella lista Champions). Ecco perché Maxi Lopez. Capitolo Tevez: Ronaldo nella stagione 2006-2007 diede una mano straordinaria in campionato, consentendo ad Ancelotti un turn-over che sarebbe risultato decisivo per la vittoria di Atene sul Liverpool. Senza Cassano e con un Pato a mezzo servizio, con Maxi Lopez Ibrahmovic e Robinho impegnati sul fronte scudetto e sul fronte Champions, la presenza di Tevez in campionato sarebbe fondamentale. E non toglierebbe spazi a El-Shaarawy per il quale la panchina sarebbe sempre garantita sia in una che nell’altra competizione. A giugno, poi, l’addio di Inzaghi e il destino di Pato, oltre a un quadro più chiaro sulla situazione di Cassano, consentiranno ai dirigenti rossoneri di avere le idee più chiare e le spalle più coperte.
Cosa c’è di strano nel tenere Maxi Lopez “ostaggio” in un albergo in attesa del suo destino? Un contratto. E una parola d’onore, di cui evidentemente Pulvirenti e Lo Monaco si fidano assai più che non gli sceicchi del City. Per Maxi – prima o poi – sarà comunque Milan, val bene la pena di dormicchiare qualche giorno in un grand’hotel.
Cosa c’è di strano nella rabbia del presidente del Manchester City, Al Mubarak, portavoce del proprietario Mansour, ma non suo portapensieri? Una strategia. E’ incastrato dal patto di ferro tra Tevez e il Milan, non ha altri interlocutori credibili (PSG e Inter o sono stati respinti con perdite o si sono defilati), la permanenza sotto scacco dell’argentino al City sarebbe un problema per lui. Un grosso problema. Per lui, per Mancini, per lo spogliatoio, per Tevez, per uno stipendio milionario da pagare. Per una brutta figura da evitare. Al Mubarak sa che tra il City e il Milan, non è certo il Milan a doversi creare una credibilità internazionale. Quando critica le mosse di mercato di Galliani, dimentica di aver mandato un fax nel gennaio del 2009 chiedendo un appuntamento a Milano per parlare di Dida e Gattuso. Poi, sbarcati gli emissari del Manblue in via Turati, dissero: “Abbiamo scherzato, vogliamo Kakà”. Quindi, per favore, non parliamo di comportamenti.
P.S. La Coppa Italia, dopo Tottenham-City e Barcellona-Real, continua a farci schifo. A prescindere. Va ripensata. Rifondata.