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Leao tra il genio e l'artista. Il nuovo stadio da Monguzzilandia a San Donato Milanese

di Mauro Suma

Quella di ieri a Milanello, su Rafa, non è stata una difesa d'ufficio dell'allenatore nei confronti del suo giocatore. Non usa dalle parti di Pioli fare propaganda. E nemmeno retorica. Tanto che i toni utilizzati per Leao all'ennesima domanda su una "storia andata avanti anche troppo", sono diversi dal mood pre-partita dell'allenatore del Milan. Tutti sono convinti che Leao sia ciondolone e superficiale? No, dice Pioli, Rafa sa ascoltare. Quindi, contro tutti i luoghi comuni triti, ritriti e smozzicati che nei bar ricicciano su di lui anche un pò stancamente giorno dopo giorno, il racconto di Pioli è che Leao ci tiene, è immerso nella vita reale, ascolta con i piedi ben piantati a terra quello che chi ci tiene a lui ha da dirgli per migliorarlo sempre più. E poi c'è l'artista, quello che sa bene che il tiro a giro non nasce imparato, non è figlio di madre Natura, ma che al contrario bisogna lavorarci, affinarlo, ed è proprio per questo che dopo l'allenamento, quando molti anche se non tutti i suoi compagni sono già sotto la doccia, lui chiede di restare sul campo, di andare avanti a provare. Perchè c'è proprio questo nell'indole dell'artista, pennellare e ancora pennellare, fino a che la sfumatura non diventi quella giusta. Ed eccoci al genio. Il genio plasma, crea. Come quell'arcobaleno di Udine, quando il Milan era sotto 2-1 contro la solita Udinese. Gli hi-lights l'hanno ignorata, perchè partono dall'assist di Theo a Giroud e arrivano fino al 2-2 di Jovic, ma la palla da campione che Rafa dà a Theo per avviare l'azione del pareggio è assolutamente geniale. Sembra che non sia niente e invece è tutto. Perchè al genio non interessa creare per sè o per i compagni, interessa creare e basta, Con lo stesso istinto e lo stesso disincanto.

Il 26 settembre 2019 c'è stato il primo evento congiunto Milan-Inter, al Politecnico di Milano, nel cuore dell'eccellenza della città, per il nuovo stadio di San Siro. Da quel momento, e sono passati quasi quattro anni, Milano non ha saputo cogliere, non ha saputo declinare, non ha saputo fare. Strano per la città del nuovo Arco della Pace e del Bosco verticale, strano per la città dei Navigli nuovi di zecca e di CityLife e di molto altro. Strano per la Milano che traina, per la Milano locomotiva del Paese. Sull'emergenza stadi, Milano non ha saputo fare altro che essere stagnante come il resto d'Italia, E la Milano che non trascina, che non accetta le sfide e la competizione globale, non è Milano, E' qualcosa di diverso. E' a quanto pare Monguzzilandia, quella landa in cui per quasi quattro anni non si è mosso un dito, tutto per lasciare che durante la settimana le moto facciano indisturbate motocross nel parcheggio davanti a San Siro. Rumore, inquinamento acustico e bizzarra destinazione d'uso di fatto per un parcheggio-stadio. E se la polemica sui vigili urbani ("Che San Donato non ce li chieda") è l'inizio di una narrazione sul club cattivone che scappa da Milano, facciano pure. Tanto i tifosi, che sono anche cittadini, hanno capito tutto ma proprio tutto. Giocheremo a Milano San Donato Milanese, esattamente come atterriamo a Milano Orio al Serio e a Milano Malpensa. Con una differenza evidente fra un sindaco come quello di San Donato Milanese che rispetta la vocazione storica del suo territorio che apre la strada allo sport come l'aveva aperta all'Eni anni e anni fa e un comune come quello di Milano che rinnova aree e quartieri, che costruisce nuove palazzine e nuovi centri commerciali, ma che sullo stadio sa solo trasformarsi nel palcoscenico itinerante di politici sensibili alla visibilità. Come quelli che per ragioni della propria micro parte politica hanno fatto saltare La Maura e cercato in tutti i modi, ma senza successo, di far saltare anche San Donato. Magari per vincere l'Oscar del non fare a favore del predominio di pochi sull’interesse di molti…


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