La metamorfosi del Senatore Theo
Quante volte in questi anni abbiamo cercato ed elencato i leader del Milan. Ma senza di lui, esatto, lui non c'era. Prima di tutti Ibra, poi anche Kessie. Oggi Kjaer e Florenzi, oltre evidentemente a Mike e Oli. Ma da questi ultimi mesi non possiamo certo dimenticarlo. dobbiamo citare anche lui, assolutamente anche lui, Theo Hernandez. Noi siamo abituati a parlare dei giocatori e a vedere i giocatori. Poi però ci sono anche le persone. E Theo è un ragazzo particolare, molto introspettivo, molto istintivo. Qualcuno all'interno del Milan ha pensato prima e lavorato poi per farlo sbocciare, proprio in questa stagione.
"Proprio" non è un riferimento usato a caso, perchè questa, quando è iniziata, l'estate scorsa, era la prima stagione in cui al Milan rimaneva solo lui di quella foto scattata con Paolo Maldini a Ibiza nel giugno del 2019. E i giocatori, che sono anche persone, non sono un tasto a schiacciare. Sono un mondo da esplorare, e da aggiornare di continuo. Iniziare non è stato semplice. Ma il lavorio su di lui è stato continuo, incessante, fiducioso, fatto certo di stop and go ma costante nel tempo settimana dopo settimana. Perchè che Theo potesse tornare il terzino più forte del mondo, "proprio" nella prima stagione senza la leggenda che ha creduto in lui, non poteva succedere e non è successo da un momento all'altro. E non bastava che fosse una questione, di campo, bisognava che si accendesse per la prima volta nella sua carriera un certo tipo di fiammella.
Certo, ci è voluto tempo, come sempre quando la posta in palio è alta, molto alta. Perchè per certi versi Theo è l'ombelico del Milan. E ce ne siamo ben accorti nel gennaio horribilis di un anno fa, quando era tornato veramente abbattuto dalla gloria mondiale solo sfiorata con la sua Francia. Ma ve lo ricordate il Theo che fa quell'autogol molle e poco reattivo a Lecce nel gennaio 23? Se lo mettete a confronto con il capitan Theo che nei minuti finali del Milan-Napoli ultimo scorso decide si sbranare difensivamente ogni pallone che sia nelle sue vicinanze, ci sono mondi e categorie di differenza. Che lui ha attraversato, ascoltando il suo spogliatoio, chi gli vuole bene, prima con quelle sue sopracciglia aggrottate, poi con un misto di perplessità e di incertezza, poi guardandosi dentro. Il Milan, il suo Milan, il suo gruppo, la sua famiglia, non gli chiedeva più di fare solo scatti e scorribande, tiri e assist, ma gli chiedeva soprattutto assunzione di responsabilità. Lui prima ha dovuto metabolizzare, poi capire, ma senza dire sì oppure no. E' come nei film quando si sente la musica di Rocky, quando Rocky cambia umore.
Non voglio fare lo sdolcinato o il retorico, ma quei giorni in cui si è fatto male Thiaw e Theo si è fatto avanti lui, "Mister ci sono lo faccio io il centrale", per tutto il Milan è stato un segnale. Che Theo Hernandez aveva maturato la scelta di diventare Theo leader. E sotto l'egida del leader non bisogna intendere le sue ottime prove da centrale o i suoi gol fantastici contro Roma e Napoli. Intendo che oggi, sì proprio oggi, metà febbraio, a Milanello non c'è solo la sala del camino, c'è anche il fuoco che arde nella nuova radio sempre accesa di Milanello: Theo Hernandez. Oggi il nazionale francese che nelle interviste si spende e difende Pioli e che esalta e rafforza Leao, è successo sia a gennaio che a febbraio, è lo stesso che nello spogliatoio rossonero non sta più zitto un attimo. C'era chi stagione dopo stagione conosceva poco la sua voce, oggi il suo volume è sempre alto.
Quando parlo di differenza fra la realtà e il percepito, tra il reale e il surreale, non voglio dividere la tifoseria rossonera. Assolutamente no. Tutti i tifosi del Milan sono belli come il sole, come recita lo striscione di San Siro, anche quelli che mi fanno incazzare ogni volta che aprono bocca o che avvicinano il polpastrello ad una tastiera. Tutti Milanisti, assolutamente, va bene tutto e va bene uguale. Ma se quello che veniva indicato e definito in maniera stramba e assurda il capo della rivolta, nelle settimane brutte, sta diventato in realtà il leader non solo tecnico ma anche vocale del Milan, lo scoglio al quale ci siamo aggrappati quando per tanti motivi rischiavamo davvero l'osso del collo, è giusto, doveroso e corretto segnalarlo.
E già che ci siamo anche quel ruolo di difensore centrale ricoperto per un mese e mezzo lo ha completato. Oggi Theo quando difende una palla è centrato, cattivo, attento. Con Orsolini per carità è andata male, può succedere, è calcio, in quella azione abbiamo sbagliato tutti. Ma l'atteggiamento è quello che conta, ed è quello giusto, da sacro fuoco non solo quando imperversa davanti ma anche quando puntella dietro. Teniamolo acceso, è fondamentale per la nostra stagione