La colpa di questo tracollo è della società, ma adesso sul banco degli imputati è chiamato anche mister Allegri
- L’imputato si alzi in piedi. Si, proprio lei, Massimiliano Allegri, da Livorno.
- Io? Ma come, hanno smembrato la squadra, tutti i senatori che tenevano unito lo spogliatoio hanno abbandonato la nave e in più mi hanno venduto Ibrahimovic, Thiago Silva e per ultimo anche Cassano. Cosa posso fare io con questa squadra?
Immaginiamo questa scena come prologo di un ipotetico remake italiano de “La parola ai giurati”, celebre film di Sidney Lumet del 1957. Come si regolerebbe una giuria di esperti di fronte al caso più spinoso di questo inizio di stagione calcistica 2012-13?
Un buon avvocato avrebbe vita facile a sollevare il suo assistito da molte delle accuse. Il Milan che Allegri si trova a dover plasmare, come già sottolineato più volte, è almeno 2 tacche inferiore a quello che lo scorso anno è stato scippato di uno scudetto in maniera spudorata (tra gol-non gol e florilegio di infortuni).
E la responsabilità di questo scadimento qualitativo può essere addebitata solo alla società. Perché ok, le cessioni di Ibra e Thiago ci stavano per sistemare il bilancio, ne abbiamo parlato fino ad esserne stufi, ma si può rinunciare in un colpo solo a quasi tutta la vecchia guardia, senza avere avuto in precedenza la lungimiranza di provare a sostituire le colonne rossonere? Oppure Galliani e Braida pensavano sinceramente che Acerbi avrebbe potuto fare il Nesta, Constant il Seedorf, Traorè il Gattuso, Bojan il Pippo Inzaghi, Mesbah lo Zambrotta etc, etc,?
Una dirigenza attenta non si fa trovare impreparata in questi delicatissimi momenti di ricambi generazionali, oltre al fatto che con colpevole faciloneria e una vaga punta di incoerenza, si strombazza ai quattro venti di un fantomatico “progetto giovani” e poi si lasciano andare personaggi come Asamoah alla Juve, Verratti al PSG e Destro alla Roma (solo per citarne alcuni a lungo in orbita rossonera) che con un piccolo investimento economico avrebbero garantito luce e continuità al Milan per i prossimi anni, oltre a tanta fiducia e rinnovato entusiasmo tra i tifosi.
Ma anche senza voler investire troppo denaro sui giovani si sarebbe potuto fare di meglio. Prendiamo il caso della Fiorentina che sta disputando un eccellente inizio stagione, con un ottimo Montella alla guida e un centrocampo tutto nuovo composto da Borja Valero (gran bel giocatore) e due vecchie conoscenze del calcio italiano, Migliaccio e Pizarro. Se qualcuno al Milan si fosse accorto che quest’anno la squadra difetta di personalità, esperienza, spessore in mezzo al campo, probabilmente i tre neoviola sarebbero stati degli ottimi rinforzi per Allegri, di sicuro più affidabili di gente come Constant e Traorè (ci perdonino i due ragazzi, ormai usati paradigmaticamente come esempio testuale del declino rossonero).
Il confronto tra la rosa rossonera e quella di molte altre squadre in Italia (almeno 5 o 6) è sfacciatamente a nostro sfavore, mentre quello con le big europee è addirittura impietoso.
Però tutto questo non può e non deve bastare per giustificare certe prestazioni come quelle che il Milan ha regalato sabato sera allo sparuto e coraggioso manipolo di tifosi assiepati sui gradoni di un san Siro deserto, eroici soldati impegnati a tenere issata la bandiera sull’avamposto.
E qui entra in gioco Mister Allegri e le sue colpe. E’ probabile che una squadra così indebolita possa aver rappresentato finora un alibi, non solo per il tecnico ma anche per gli stessi calciatori, della serie “dicono tutti che siamo scarsi, forse sarà vero”. Il problema però è proprio questo: l’occasione era unica, anzi, è unica (perché c’è ancora tutto il tempo) per smentire i tanti “soloni” del mondo del calcio che fin dall’inizio del campionato hanno sparato a zero sul Milan.
E invece sembra proprio che i nostri calciatori abbiano fatto proprie queste teorie disfattiste. In campo li si vede trotterellare senza un’idea di gioco, senza un progetto tattico, senza un bagliore di vitalità, ma soprattutto senza un briciolo di cattiveria e furore agonistico.
Parliamoci chiaro, la squadra rossonera quest’anno sarà anche fragile e malaticcia, ma certo non più debole delle squadre che ci hanno battuto finora. Il Milan attuale regala la sensazione di entrare in campo già sconfitto. E non, come sarebbe anche comprensibile, al cospetto di Real Madrid e Barcellona, ma di fronte a Sampdoria ed Atalanta che hanno maramaldeggiato nel nostro stadio sull’armata brancaleone rossonera.
Allegri adesso, per smontare i capi d’imputazione a suo carico, ha un compito arduo: dare un’identità calcistica a questo gruppo, studiare nuove soluzioni tattiche, ricostruire moralmente un team allo sbando e regalare nuova fiducia a tanti ragazzi che ormai hanno il morale sotto terra.
Ce la farà il nostro prode condottiero?
Intanto, da qualche giorno a questa parte, si rincorrono voci incontrollate sul nuovo allenatore. E tra i nomi che rimbalzano come palline impazzite nel flipper rossonero, l’ultima ipotesi, quella che tra l’altro riscuoterebbe il maggior gradimento da parte del popolo milanista, è quella che vedrebbe l’accoppiata Tassotti-Inzaghi sulla panchina del Milan. Tassotti con la sua esperienza, Pippo con la sua cura maniacale dei dettagli, il suo spirito vincente, la sua carica agonistica e il suo carisma. Chissà che non possa essere questa la soluzione ideale.
Ora però stringiamoci tutti attorno a Mister Allegri e ai nostri ragazzi. Dimentichiamo polemiche, baruffe e controversie perché è arrivato il momento dell’esordio in Champions League: stasera al Meazza c’è l’Anderlecht. Inutile sottolinearlo, un’altra prova fondamentale per il prosieguo della stagione del Milan.
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