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Juve contro tutti. A che serve lo stadio nuovo? Inter: epurazione brasiliana. Certi amori da Kakà a Toni. nuova staffetta Gila-Borriello. Berlusconi-Allegri: dialogo importante

di Mauro Suma

La Juventus ha trascorso l'estate in trincea, ma la prima linea continua. Una estate contro. Assolutamente contro Palazzi, vibratamente contro Carobbio, idealmente contro la giustizia sportiva italiana. A Montecarlo, prima del sorteggio di Champions League, il presidente Abete e il presidente Agnelli si sono cordialmente intrattenuti, ma gli strappi restano. E alle tensioni istituzionali, si sono aggiunte le frizioni con il Napoli e la tifoseria napoletana per gli episodi arbitrali di Pechino e il codazzo polemico successivo alla finale di Supercoppa. Non solo: ecco la Roma e Zeman, con la tifoseria giallorossa che si sente rappresentata dalle battaglie dialettiche del proprio tecnico e non mancherà di incoraggiarle. Come non bastasse, è arrivata la tragicomica vicenda di Berbatov che ha ulteriormente inasprito la rivalità bianconero-gigliata. Se a tutto questo aggiungiamo le polemiche sugli scudetti con l'Inter e sul gol di Muntari con il Milan, il quadro è completo. Vero che le grandi squadre è meglio non siano troppo simpatiche, ma in questo momento il pieno di antipatia è eccessivo. La Juventus e i suoi tifosi hanno le loro ragioni e le difenderanno, ma qualche fronte polemico va chiuso. E il prima possibile.

La Juventus, dopo aver accantonato negli ultimi mesi della scorsa stagione Matri per far posto a Borriello, aveva deciso ugualmente di non riscattare Borriello e di sostituire Matri con una punta che facesse più gol e combattesse di più nell'area di rigore avversaria. Ma la campagna acquisti ha portato a Torino non il sostituto di Mattri, ma una riserva di Matri, un gigante danese regalato la scorsa stagione in prestito dall'Arsenal al Sunderland dove ha fatto da prima punta un gol in più (8) di quelli di un attaccante tecnico che svaria, Bojan, che alla Roma ne ha fatti 7. Insomma, un solenne ripiego. Dopo gli Aguero e Tevez della scorsa stagione, dopo i Van Persie e Suarez, i Cavani, Pazzini e Jovetic, gli Dzeko, Higuain e Llorente di questa estate, salgono a dieci, doppia cifra, i top player vanamente inseguiti dalla Juventus, prima di arrivare a Bendtner. Questo è molto preoccupante. Perchè se la società italiana più in carne sul piano economico, una società determinata e che torna a vincere, una società con i ricavi da stadio che nessuno ha e i nuovi ricavi da Champions League, non riesce a concludere per un grande attaccante, significa che per il calcio italiano i tempi sono davvero duri.

All'Inter ormai le cose sono chiare. Dopo le partenze del brasiliano Julio Cesar, del brasiliano Maicon e del brasiliano Lucio, lo spogliatoio si regge sulla dominante argentina e sui nuovi arrivi uruguagi. Il vice dell'argentino Milito non è arrivato. Sono sette gli argentini dell'Inter e gli unici tre brasiliani rimasti, vedi Coutinho, Juan Jesus e Jonathan non sono voci di peso all'interno dello spogliatoio stesso. La stessa partenza di Pazzini, richiesto fortemente da Juventus e Napoli, conferma il ruolo centrale di Milito nel gruppo interista. Insomma, all'Inter gli argentini storici non partono, si aggiungono nuovi argentivi provenienti dal mercato e a partire sono solo i brasiliani. Questioni contrattuali? Di bilancio? Sarà...

Alla fine certi amori fanno dei giri strani e poi ritornano, ma a Firenze più che a Milano. Luca Toni, l'eroe della Fiorentina che sbriciola la penalizzazione di Calciopoli, è tornato in riva all'Arno. Un bel modo, davvero, suggestivo, romantico, di uscire a testa alta dalla clamorosa vicenda Berbatov. La Juventus, come fece Silvio Berlusconi nell'estate 2005 regalando Abbiati ai bianconeri che avevano perso Buffon nel trofeo estivo di San Siro, avrebbe potuto fare il beau geste concedendo il diritto di primogenitura al Club viola su Bendtner. Dal momento che non è successo, ecco Luca Toni che grazie alla maglia viola era diventato campione del mondo. Sarà contento Venditti e sono contenti quelli come noi a cui queste storie piacciono dannatamente.

Nell'estate del 2008 Alberto Gilardino lasciò il Milan per andare alla Fiorentina. Il Club rossonero decise di sostituire il Gila con Marco Borriello. Dicevano i tifosi: Marco è in escalation, ha gli attributi, non alterna gli umori come Alberto. e fu così che Borriello lasciò Genova, dove era finalmente esploso, per riabbracciare San Siro da protagonista. Per il Gila all'inizio andò bene al Franchi, poi iniziò la parabola discendente. Per Marco, invece, all'inizio infortuni a Milano e poi l'affermazione con Leonardo nel 2009-2010: 15 gol e poi a Roma per l'arrivo di Ibra. L'estate del 2012 riporta Borriello al posto di Gilardino. Questa volta a Marassi, dove Alberto non ha sfondato. Borriello aveva grande feeling con la Nord. Staremo a vedere. Intanto il Gila si ripara sotto quella tettoia bolognese che aveva già rilanciato, togliendoli dalla pioggia delle polemiche e dei processi, campioni come Roberto Baggio, Beppe Signori e Di Vaio.

Inutile cercare di mettere in mezzo Allegri. Con De Jong e con il centrocampo più forte dell'anno scorso, il Milan riparte, si rimette al centro delle emozioni della stagione ed è in grado di affrontarle. I rossoneri devono trovare la coppia centrale di difesa titolare (e con il recupero di Mexes e la comprensione dei meccanismi della difesa a quattro da parte di Zapata, ce la faranno), devono riportare Robinho al centro del progetto e recuperare a tutti i costi Pato, anche se questa è l'operazione più dura da affrontare. Sono i tre grandi snodi della stagione e sono i veri punti all'ordine del giorno dell'agenda di Allegri. Che non si preoccupa di Adriano Galliani che è contentissimo di lui per i 162 punti in 2 stagioni e per la presenza del Milan nella 1' urna di Champions League. E che non si preoccupa di Silvio Berlusconi che nell'ultima settimana di mercato è stato costantemente in contatto con il suo allenatore, condividendo con lui il miglioramento della rosa e la portata delle nuove operazioni di mercato.


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