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Il mercato non è chiuso, ma la stagione rossonera è in mano a Ibra e Pato

di Luca Serafini

Cellino, Mourinho, Moratti, tutti colpiti in anticipo dalla grande ondata di caldo che su questo pianeta malato segue un luglio novembrino. Povero Roby Donadoni, sembra un destino infame a metterlo sulla strada di presidenti nevrastenici come Spinelli (Livorno), De Laurentiis (Napoli) e Cellino (Cagliari), che – al pari invece di un presidente smidollato come quello della Federcalcio che non merita menzione – lo cacciano dopo aver lavorato al massimo con materiale minimo. Complimenti a Cellino, che in un colpo solo è riuscito a tradire tre vecchi, suoi cari pseudoamici come Giovanni Branchini e i suoi assistiti Suazo e appunto Donadoni.
Povero Mourinho, che sta diventando una caricatura come quella inimitabile de “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin: dopo aver sparso veleno in Italia, ha trasformato l’affascinante duello tra Barcellona e Real Madrid in una rissa da cortile in cui peraltro perde sempre.
E infine povero Massimo Moratti, che Della Valle accusa di nascondersi dietro battute da bar di spiaggia (normalmente le fa dal bar sotto casa a Milano, dove trascorre molto tempo delle sue giornate durante le quali l’impegno di lavoro più intenso è quello di ricordare la combinazione della cassaforte di famiglia). Non si arrende, Della Valle: sente il sostegno di tutto il mondo del calcio, quello che ha sbagliato e che ha pagato e quello che invece non si è mai davvero insozzato. Non è, quest’ultimo, il caso del presidente nerazzurro, mattatore di Passaportopoli che precedette cronologicamente Calciopoli come un beffardo, significativo antipasto.
Il caldo fa male anche a molti tifosi del Milan, che si scagliano rabbiosi contro società, giornalisti e confratelli della famiglia rossonera per essere stati illusi su immaginifici colpi di mercato. Il lodo-Mondadori, i crolli delle borse, le recessioni mondiali, molti bluff russi e arabi, la supponenza di Guardiola che ha fatto spendere al suo club 80 milioni per mandare in panchina Pedro e lo stesso Fabregas, non li sfiorano nemmeno. Non ricordano di avere in casa giocatori che non hanno potuto prendere parte alla scorsa Champions League, ma che furono decisivi nella corsa allo scudetto. Non ricordano di aver dato a Pirlo (che palla a Vucinic nell’1-0 all’Inter, nel Trofeo Tim di Bari!) anche le colpe dei rovesci meteorologici del pianeta e di averne fatto volentieri a meno per 3 mesi nell’ultima stagione tricolore. Non ricordano che il mercato non è chiuso e che, almeno nel calcio, Berlusconi ha sempre mantenuto gli impegni. Non ricordano che a gennaio – dopo Boateng, Robinho e Ibrahimovic in estate – sono arrivati 5 giocatori dei quali 2 importanti e uno, Emanuelson, che si sta finalmente mettendo in luce. Pazienza: noi, che restiamo non evoluti fino al midollo, aspettiamo il 31 agosto. Tediandoci con Cassano-Borriello, Alcantara, Schwensteiger, Drogba, Aquilani, Montolivo e tutti i nomi che basta mettere insieme in un titolo per vendere di più ed essere letti di più sui blog, sui siti, su Facebook.
    
Arriverà o no Mister X o Y o Z ai quali gli informatissimi frequentatori di internet continuano a dare valutazioni, volti, identità e ruolo, il Milan resterà inevitabilmente, assolutamente legato a Ibrahimovic e Pato. Se finalmente riusciranno a ripetere in Europa quello che sono stati capaci di fare a intermittenza nell’ultima stagione, risultando comunque decisivi e determinanti per tornare a vincere lo scudetto dopo 7 anni, i rossoneri faranno strada in Champions. E’ dal 2007-2008 che l’avventura finisce in anticipo, l’ultima volta agli ottavi contro un Tottenham cui è stato scagliato contro un tiro e mezzo in 180’. Capitò anche ai Milan di Sacchi, Capello, Ancelotti di essere in difficoltà in Europa. Ma Van Basten, Gullit, Shevchenko, Inzaghi, Kakà toglievano le castagne dal fuoco e la squadra arrivava in fondo. Per sfiorare la leggenda di uno di questi (raggiungerla è difficile), è necessario che i due fuoriclasse della prima linea si dimostrino tali. Altrimenti, Mister X o il Mago Merlino da soli non cambieranno la musica. Quell’intermittenza scandita dall’isteria latente di Ibra e dall’indolenza congenita di Pato, dovrà dare luce continua. O sarà buio, appunto.    


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