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Ibra tra il dire e il fare

di Luca Serafini

E' molto difficile camminare sereni, a schiena dritta e testa alta, tra le ali di una folla inferocita. E' molto arduo esprimersi con equilibrio, pacatezza, mentre infuria la tempesta social. Credo che la propria coscienza sia sempre la miglior cartina di tornasole, a quella bisogna sempre fare riferimento e ricorso.

La conferenza stampa fiume di Zlatan Ibrahimovic va inserita in questo momento storico molto discusso nel mondo rossonero. Chi si lamentava del silenzio, si lamenta adesso per le parole. Chi aspettava le parole, può senz'altro pesarle. Si può essere prevenuti, d'accordo o in disaccordo, scettici, fiduciosi, disorientati, rassicurati, ma in qualsiasi caso è importante cercare di capire. 

Personalmente alcuni messaggi chiari e diretti li ho sentiti e li riassumo: "Non siamo soddisfatti come non lo sono i tifosi. L'allenatore? Una cosa sono le voci, un'altra la realtà. Conte non rientrava nei nostri standard. Abbiamo scelto Fonseca perché con questi giocatori è quello che si sposa meglio. Maignan, Theo, Leao qui a Milano e al Milan sono contenti, noi abbiamo i mezzi per soddisfare le loro richieste (aggiungendo "Tutto è possibile" a una domanda precisa di Pietro Mazzara, ma ribadendo la volontà reciproca di continuare). Se non ci fosse un progetto vincente non sarei qui. Faremo un mercato intelligente, importante: ci rinforzeremo. La Under 23 è un disegno cui teniamo. Le scelte sono condivise, anche se sul mercato Furlani e Moncada sono più pazienti di me: siamo dirigenti giovani, abbiamo fame. Il mio obiettivo non è arrivare tra le prime 4...".

Via via i chiarimenti sul suo ruolo e sulle sue mansioni, la reazione per i troppi derby persi, le ambizioni che (dice) esistono e sono condivise con la proprietà, i troppi silenzi che non significhino non fare nulla ("Si parla quando si ha qualcosa da dire"), i meandri del mercato con un passaggio significativo dedicato ad agenti e procuratori con un riferimento diretto a Zirkzee: "Si fanno trattative, non beneficenza". 

Su una cosa non ci possono essere dubbi: le ambizioni di Ibra. Non fosse convinto, non penso proprio avrebbe bisogno dei soldi di Cardinale per stare a fare il servo o l'aziendalista. Sul resto non può (e tanto meno posso io) convincere nessuno: adesso, finalmente dopo il "dire" che tanto era richiesto dalla tifoserie, si passa al "fare". Se non era politichese, ma sostanza, lo scoprirete, lo scopriremo presto. Non ho mai avuto la sensazione che Zlatan sia un politico.

Il giorno del raduno è già vicino, forse meno di un mese, e con gli Europei di mezzo si rischia di partire con un gruppetto sparuto di giocatori, ma non sarà solo il Milan ad avere questo problema.

Cosa ci aspetta, adesso? Personalmente mi aspetto venga allestita una squadra che possa dare la possibilità all'allenatore di fare al meglio il suo mestiere, che abbiano tutti voglia di vincere e i mezzi per farlo. Per giudicare servono il campo e il tempo, non manca molto: questo è il momento in cui si passa dal dire al fare.


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