Fonseca: giudichiamolo dal lavoro. Ibra con la voce rauca: ora parli. Servono leader come Giroud e Kjaer
Adesso che è tutto deciso, è bene firmare in pubblico una promessa solenne. Sono stato tra quelli, fin dal primo giorno del dopo-Pioli, a invocare il contatto con Antonio Conte, ritenendo quella mossa l’elettro-choc necessario per la salute prossima del Milan. Non ho nemmeno capito il motivo, oserei dire ideologico, dell’ostilità a un tecnico italiano (ce ne sono altri in circolazione liberi e senza richieste eccessive, ndr) e alla fine, leggendo le cifre che circolano a Napoli per l’arrivo di Conte (20 milioni al lordo per 3 anni, fanno un totale di 60 milioni, ndr), ho come l’impressione che l’aspetto finanziario abbia inciso oltre a quello caratteriale del tecnico leccese. Adesso che è tutto deciso con Paulo Fonseca, sono pronto a non farmi condizionare dai pregiudizi, dai racconti romanisti e nemmeno dai pettegolezzi sul suo conto. Rinvio tutto a quando avrà cominciato a lavorare a Milanello.
LA VOCE RAUCA DI IBRA- Alcune considerazioni si possono già fare. La prima riguarda Zlatan Ibrahimovic: da qualche mese ha preso possesso dell’area tecnica del Milan, a San Siro è sempre stato al fianco del gruppo squadra, in trasferta pure, a Milanello magari senza la continuità del suo predecessore ma non ha mai parlato in pubblico. Se Gerry Cardinale lo ha definito la “sua voce” a Milanello, è bene che Ibra cominci a parlare perché anche sul suo ruolo e sulla garanzia della sua presenza al Milan cominciano a serpeggiare dubbi consistenti tra la tifoseria e non solo. Se Zlatan pensa che bastano un paio di foto con didascalia relativa per trasmettere messaggi al mondo Milan si sbaglia di grosso. E poiché tutte le volte che Furlani viene interrogato sul tema calcistico la risposta è “chiedete a Ibra”, beh allora Ibra al ritorno dall’Australia si fermi a parlare e a spiegare perché lui ha inciso sulla scelta di Fonseca. E quindi si gioca una buona dose di credito personale.
CERCANSI LEADER- Per sopperire allo scetticismo diffuso che c’è in circolazione non basterà forse nemmeno un calcio-mercato di pregio. Di sicuro la sessione deve debuttare da due passaggi intermedi che sono: 1) rinnovo dei contratti in discussione da mesi, sui social e non solo, riferite a Mike Maignan e Theo Hernandez. Se uno dei due dovesse ricevere la famosa “proposta indecente” e quindi il Milan provvedesse alla cessione, lo scenario diventerebbe ancora più fosco.
Secondo passaggio: con l’addio di Giroud e Kjaer, il Milan -e il suo prossimo allenatore- hanno perso due importanti leader, due punti di riferimento per lo spogliatoio rossonero. Vanno sostituiti perché il gruppo è formato da giovani e/o semi-debuttanti nel calcio italiano. Non è un semplice dettaglio operativo, è un dato fondamentale per allestire un team. Ricordatevi il contributo che diedero Giroud e Kjaer quando arrivarono a Milanello.
COSTOLA ITALIANA- Fino a qualche mese fa l’acquisto di calciatori stranieri aveva una spiegazione fiscale per via del decreto crescita. Abolito il decreto, non c’è più nessun altro motivo per preferire, a parità di prezzo e di talento, uno straniero a un italiano. Nel caso di specie non si tratta soltanto di risvolti finanziari, c’è un aspetto tecnico come ha ricordato di recente Luciano Spalletti. Servono per scolpire l’identità italiana.