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E adesso De Santis: il lodo-Facchetti. Juventus: Zeman rappresenta solo la Roma? Mourinho: e di Strama non parli più? Bendtner: ma Wenger, di preciso, che ha detto? Infortuni: Milanello non ammazza nessuno...

di Mauro Suma

Amo da morire i derby degli anni Sessanta e Settanta. Derby e immagini per i quali ho lo stesso rispetto delle glorie milaniste come di quelle interiste. Nonostante qualche polemica da trincea che non mi perdono durante il Campionato 2002-2003, ho sempre stimato a apprezzato Giacinto Facchetti. La premessa non è solo doverosa, perché ci sono ambienti che tirano su (strumentalmente?) le barricate quando del Cipe si pronuncia solo l’iniziale, ma anche sentita e convinta. Ed è proprio per Facchetti e la sua memoria che non mi ha fatto piacere leggere nella costituzione in giudizio, in risposta al ricorso dell’arbitro De Santis (il prossimo capitolo della saga inaugurata da Bobo Vieri), a firma degli avvocati Luisa Beretta e Silvia Trupiano, che Giacinto Facchetti non poteva avere commissionato indagini a nessuno perché all’interno del Cda nerazzurro non aveva “alcun potere operativo” ma un “potere meramente rappresentativo della Società nelle sedi sportive”. Se i due legali lo sostengono, è un fatto corretto e appurato. Ma che non collima con l’anima, con l’impronta, data da Facchetti alla società nerazzurra negli anni della sua presidenza, poi giustamente celebrata. Quando lo sport diventa terreno di battaglia legale, c’è sempre, come minimo, qualche abrasione. Qualcosa che si lascia sul campo e che diventa poi difficile recuperare. Quello che avevamo capito e che ci portiamo dietro, come sportivi, è che Facchetti, indipendentemente dagli sviluppi della controversia De Santis, era sia operativo che rappresentativo. Ed è giusto che la storia si appropri di questo aspetto, nonostante il cavillo legale necessario alla tesi difensiva. Un cavillo da chiudere nell’orticello, lasciando Giacinto nel grande giardino della Storia.

Il duello è interessante, attizza come pochi, ed è sul punto di diventare il tormentone della stagione. Zeman e la Juventus, la Juventus e Zeman. Per il momento gli juventini usano nei confronti del poeta boemo la stessa frase che Mourinho, da allenatore interista, riversava addosso al loro allenatore, Ranieri, quando era bianconero. E cioè, stai zitto non hai vinto niente! Sarà anche vero, ma non è elegante. Comunque sia, non divaghiamo. Le prime due giornate di Zeman sono come il Po sul Monviso: sorgente. Il punto però è un altro e cioè cosa raccoglierà sul suo letto il fiume praghese, lungo il cammino…Punti, primati? Ma, soprattutto, se nelle giornate finali del torneo dovessero essere Roma e Juventus alla stretta finale, per Zeman tiferanno solo i tifosi romanisti? Troppi punti interrogativi, a scenario ancora indefinito. Il sospetto è che dopo tutti quei “non hai vinto niente”, se davvero Zeman ce la facesse sarebbe una volta per tutte. Sarebbe una sorta di resa dei conti dialettica e porterebbe con sé anche tutti quelli che storicamente o ultimamente non hanno avuto molti motivi per amare la Juventus. Chi vivrà, vincerà.

Stanco di “benedire” un allenatore interista dopo l’altro, Mourinho, davvero sfinito, si è messo a parlare dell’allenatore della Juventus che, è bene ricordarlo, è Antonio Conte. Da quando ha lasciato Milano, il buon Mou ha dovuto fare da ombrello con il suo imprimatur nell’ordine a Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri e Stramaccioni e speriamo di non aver dimenticato nessuno. Se li è fatti piacere tutti, ha prodotto salvacondotti a non finire. Sms, telefonate, udienze di vario tipo. Le anticamere mediatiche che si sono fatti i nuovi allenatori nerazzurri dal 2010 ad oggi, sono state senza precedenti. Inevitabili le domande alla presentazione del nuovo tecnico di turno: Hai chiamato Mourinho? Ha risposto? Cosa ha detto? Amenità che alla fine stancano un po’. Tant’e’ che, dimenticati i momenti elettrizzanti dello scambio di sms con Stramaccioni, Mourinho ha scelto Conte come suo sostituto ideale in Italia. Dieci orecchie stanno fischiando…

Ma che gli è preso ad Arsène Wenger. Il francese è un altro maestro di calcio alla Zeman, un po’ più griffato, ma siamo lì. In settimana è stato a Nyon, al Forum degli allenatori promosso dall’Uefa. E fin qui, evidentemente, niente di male. Il punto è che ha parlato. Ma cosa abbia detto di preciso nel nostro Paese non è ancora chiaro. Seguitemi. Ieri, venerdì 7 Settembre, Corriere dello Sport: Wenger punge la Juve, non può vendere caro e spendere a zero. Sempre 7 Settembre, Tuttosport: Il top è Bendtner, esploderà, non per niente l’ho prestato alla Juve. Quindi? Wenger punge o sbrodola? Mentre inseguivamo tutti i Wenger sentiti in Italia senza capirci niente, ci siamo ripresi leggendo il direttore Marotta: “Noi abbiamo blindato i nostri campioni come Marchisio e Vidal per i quali ci offrivano 60 milioni. Anche quelli “trattenuti” vanno considerati come top player a disposizione. Non tutti hanno fatto così, guardate il Milan ad esempio”. Urka! Visto che Ibra e Thiago sono stati pagati 62 milioni, la Juve ha rinunciato ad offerte analoghe…Ma perché allora tutti dicevano che l’anno scorso il Milan ha perso lo Scudetto avendo quei top player che la Juve non aveva?! 60 milioni…hai capito…ecco chi volevano gli sceicchi. Non volevano né De Rossi e né Jovetic, volevano Marchisio e Vidal…Il mondo è una cosa meravigliosa, basta non stancarsi mai di imparare.

Alla Juventus, da inizio stagione, si sono infortunati Pepe, Caceres, Lucio, Giovinco. All’Inter (bravissima a recuperare Guarin) si sono fermati Handanovic, Mudingayi, Chivu, Stankovic. Al Milan Pato, Robinho, Abate e Montolivo. Il resto è poca roba, traumi recuperabilissimi come quello di Boateng e patologie di giocatori che se stessero bene sarebbero a giocare in prestito come Didac Vilà e Strasser. Le situazioni sono molti vicine fra loro, ma ha fatto notizia solo il Milan. Sarà anche perché il Club rossonero non si è nascosto dietro un dito e ha accettato di commentare il tema, ma trasformare il buon senso e la disponibilità in accanimento non è un esercizio francamente splendido. Questi infortuni che ha solo il Milan (!) sono diventati la colonna sonora della sosta. Con il caso arbitrale di Udine ancora aperto e con l’Inter che fra Hajduk, Vaslui e Roma ha preso 7 gol in casa, le botte e le tabelle le ha incassate solo il Milan. Che la squadra rossonera debba migliorare questo aspetto è fuor di dubbio, ma che gli infortunati rossoneri sono più infortunati degli altri che se ne stanno comodamente all’ombra è difficile da accettare. Soprattutto da parte di Allegri che non si arrabbia per sé, ma pensando a tutte le persone che lavorano su queste cose a Milanello e che non meritano questo trattamento.


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