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Dopo l'ennesima sconfitta è arrivato il momento di crederci e sostenere il Milan dei giovani. Dal prossimo anno si cambia...magari gustando crema catalana

di Fabrizio Tomasello

E così il Milan di Allegri riesce nell’impresa di infilare la terza sconfitta nelle prima quattro gare di campionato, come non accadeva dal 1940, sfatando anche il tabù trasferta. Nel senso che adesso abbiamo iniziato a prendere batoste anche fuori casa, con la concreta possibilità di aprire un ciclo….perdente.
A parte la leggera vena di sarcasmo che ormai trasuda da qualsiasi commento, considerazione, analisi, approfondimento di ogni milanista che si rispetti, negli occhi di tutti coloro che hanno seguito la partita di Udine resta la sensazione di aver visto un Milan in leggero progresso rispetto alle precedenti fiacche e disarmanti prestazioni. Ci voleva ben poco, direbbe sempre il tifoso di cui sopra, peggio di quello che abbiamo mostrato finora era pressoché impossibile, ma ieri una tenue fiammella rossa e nera si è accesa nel grigio pomeriggio friulano e su quella vale la pena di iniziare a lavorare.
Partiamo dal modulo: mister Allegri decide di iniziare il match con un 4-3-3 che vede Emanuelsson agire sul fronte destro dell’attacco ed El Shaarawy su quello sinistro. Sarà per il cambio tattico, sarà per l’energia che il Milan riesce a sprigionare in avvio di partita, sarà perché forse i ragazzi iniziano davvero a sentire il bisogno di reagire, ma in appena dieci minuti i rossoneri collezionano tre nitide palle gol, due malamente sprecate da Pazzini (a proposito, se qualcuno avesse visto da qualche parte il centravanti da tripletta ammirato a Bologna è pregato di avvertire Galliani ed Allegri, perché quello visto di recente non sembra granchè in sintonia con il gol) e una con un bolide da distanza ravvicinata del piccolo faraone, sventato da un prodigio di Brkic.
Poi piano piano l’onda d’urto rossonera perde d’intensità e iniziano i problemi.
A centrocampo Ambrosini prova a fare filtro da solo, ma con risultati non sempre apprezzabili, Nocerino continua ad essere un ectoplasma, ingrigito ed immalinconito in questo Milan senza stelle, e Montolivo fatica ancora a trovare un’identità ben precisa in una squadra che di certo non lo aiuta a calarsi nella parte.
E come naturale conseguenza, in difesa si balla a ritmo di foxtrot. Mexes si affretta a dimostrare subito al popolo rossonero che almeno lui è rimasto quello dell’anno scorso, cioè il protagonista assoluto di sciagurati e avventati interventi, Zapata prova a reggere botta, ma al dunque crolla anche lui, e sulle fasce Abate non spinge e Mesbah non è… e mi fermo qui per decenza.
Però c’è anche El Shaaraawy lì davanti ed è dai suoi piedi che arriva sul finire del primo tempo un’altra nitida palla gol, con un tiro dal limite deviato di un niente fuori, dopo un’uscita maldestra del portiere udinese.
Come spesso capita però in questi casi, gol sbagliato, gol subito: l’uscita maldestra questa volta è di Abbiati, e con un Mexes “de luxe” a stringere su Ranegie, per l’attaccante svedese è un giochetto appoggiare di testa in rete a porta vuota. Buio pesto per il Milan.
Mister Allegri però non ci sta (anche questo sembra un segnale importante per le depresse falangi rossonere) ed all’inizio di secondo tempo cambia tutto. Entra Boateng al posto di Ambrosini e il Milan si riposizione con un più aggressivo 4-2-3-1 (modulo invocato da tempo e a gran voce da tutti gli addetti ai lavori….chissà poi perché!). Bastano due minuti e proprio da una ripartenza del Boa nasce la perla di El Shaarawy che pareggia il conto con una sassata dai 25 metri che si infila alla destra di Brkic. A proposito, ormai, dopo aver segnato il suo terzo gol consecutivo ai bianconeri di Guidolin, El92 viene segnalato come individuo pericoloso con il “dead or alive” ad ogni angolo del capoluogo friulano.
A quel punto gli occhi dei tifosi rossoneri si illuminano. Forse il ribaltone è possibile proprio come l’anno scorso. I ragazzi sembrano più convinti, aprono il petto, avanzano con incedere imperioso, la cavalcata delle valchirie risuona al Friuli di Udine. Ed invece arriva il patatrac: Zapata, fin lì decente, commette un ingenuo fallo da rigore che condanna il Milan a giocare in 10 (poi anche in 9, grazie al “principe” di buone maniere Boateng) per tutto il resto della gara con un gol da recuperare.
Ma c’è ancora il tempo per una piccola speranziella. Ha 22 anni, indossa la maglia numero 22 (e già solo per questo, dopo quanto fatto da illustri predecessori  quali Kakà e Nocerino, dovrebbe giocare sempre), si chiama Bojan Krkic e forse sarebbe il caso che almeno una volta Allegri gli regalasse più dei consueti 10 minuti che abitualmente gli concede. Perché ha talento, freschezza, voglia, probabilmente non sarà un fenomeno, altrimenti non sarebbe stato sbolognato così a cuor leggero prima dal Barcellona e poi anche dalla Roma, ma vista la concorrenza può tranquillamente ritagliarsi un posto di primo piano in questo Milan.
Magari affiancandolo ad El Shaarawy e soprattutto puntando forte su De Sciglio,  perché se questo deve essere il Milan dei giovani, che gli si dia spazio e fiducia. Devono essere loro il futuro dei rossoneri? E allora domani contro il Cagliari lanciamoli nella mischia, anche se il momento è di grossa difficoltà. Chissà che con l’irruenza e la sfrontatezza dei vent’anni non possano essere davvero i nostri ragazzi la chiave per cambiare il corso di questa stagione dannata.
E soprattutto, se davvero si vuole aprire la strada al vero ed unico sogno nel cassetto di Silvio Berlusconi, e cioè Pep Guardiola, costruire un gruppo solido di giovani speranze può essere l’unico modo per convincere l’allenatore catalano a spegnere i canti sinuosi delle sirene di Premier League e quelli ancor più rumorosi ed invadenti che arrivano dalle Furie Rosse, l’invincibile Nazionale spagnola.
Caro Pep, la storia si fa qui al Milan, non dimenticarlo!

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