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Caccia alle streghe tra rabbia e rimpianti europei. Fiducia a Okafor. Leao e Adli, dibattiti insulsi. A Genova un bivio vitale. Chiesa rosica. E Sala non molla su San Siro...

di Luca Serafini

Non c'è sempre e solo un colpevole (o più di uno) quando non vinci partite come quelle contro Newcastle e Borussia Dortmund. Ci sono piuttosto cause e concause che si rincorrono beffarde tra di loro, senza tirare in ballo la fortuna o la sfortuna. Il Milan ha tirato una cinquantina di volte tra la prima e la seconda giornata del girone, trovando la porta poco più di un decimo delle occasioni: imprecisione, foga, leziosità, un po' troppa faciloneria anche null'ultimo passaggio che avrebbe potuto incrementare ulteriormente la statistica. Un bilancio assai diverso tra campionato e Champions. Manca la determinazione di segnare, mancano un po' di killer instinct e freschezza in un paio di elementi chiave dell'attacco: Leao che cerca sempre la giocata ad effetto, Giroud che si spolmona in giro per la trequarti e talvolta in area è in debito di ossigeno.

Quando è stato possibile (Cagliari) a loro due è stato dato modo di tirare il fiato. Okafor ha dimostrato di meritare fiducia come attaccante centrale: Oli non può giocare ogni 3 giorni. Potrebbe, se dovesse rimanere stanziale in area di rigore, ma quella di Pioli è una squadra che crossa pochissimo e cerca la rete per vie verticali, dunque non è possibile interpretare il ruolo in quel modo. Prima di affossare Chukwueze, si può anche avere la pazienza nel tempo e per un minutaggio superiore. Un gol lo ha sbagliato malamente, un altro lo ha sfiorato grazie a una giocata intelligente e tecnicamente pregevole, ma i cacciatori di streghe (che tra i tifosi si annidano numerosi, quelli da tastiera non quelli che vanno allo stadio) si nutrono di prede, quindi non viene dato scampo a chi viene additato come colpevole di un errore grande o piccolo che sia. 

Su questa graticola cammina regolarmente l'allenatore (qualsiasi allenatore di qualsiasi squadra...), responsabile nel bene e nel male: dunque perché Pobega? Perché non Adli? Perché Reijnders davanti alla difesa? Come ci si domandava il perché della difesa a 3 qualche settimana fa. Basterebbe contare i giocatori a disposizione per capire, anche se poi sulla loro collocazione in campo si può discutere, e però il turnover è un gatto che si morde la coda, da sempre: se lo fai è perché lo fai, se non lo fai è perché non lo fai. Le assenze contemporanee di Bennacer, Krunic e Loftus Cheek passano in cavalleria. Soltanto 6 mesi fa, con l'Inter che annaspava, il mondo nerazzurro (a partire dai vertici) gli imputava una cocciuta fissazione nel modulo di gioco, nelle sostituzioni, nel tran-tran, poi Simone è diventato il secondo più grande stratega d'Europa. Pioli è uno che cambia, sperimenta, si ricrede, ma qui se non vinci (qualche volta anche se vinci) sei un folle, un incosciente, uno spregiudicato gratuito. Criticare è lecito, avere equilibrio e lucidità nel farlo sarebbe indispensabile. Il lavoro fatto in 5 anni frana miseramente davanti a un pareggio che pure ti va strettissimo, figuriamoci se poi i pareggi consecutivi (in Europa) diventano due. Manco se i gol se li divorasse Pioli. 

A Dormund gli errori del Milan in realtà sono partiti da lontano. Troppi in ripartenza, troppi a centrocampo, troppi nell'ultimo passaggio, troppi in conclusione. Concesse troppe possibilità ai gialloneri, senza chiudere una gara rimasta colpevolmente in bilico fino alla fine. Bastava abbassare qualche percentuale e i 3 punti li avresi portati a casa perché sei più forte. Lo hanno detto con grande onestà anche Calabria, Thiaw, Leao e Pioli. Se il possesso palla deve essere il dna rossonero, non si capisce perché una squadra più fisica che tecnica come quella tedesca debba prevalere con il 57% in entrambi i tempi. Ora il PSG regala 2 preziose, fondamentali opportunità per salire in classifica nel gruppo. 

I dibattiti su Leao e Adli sono diventati quotidiani, stucchevoli, insopportabili. Nel primo caso si cerca sempre l'esame degli esami, la consacrazione definitiva, il battesimo la cresima il diploma la laurea... I 2 MVP dell'Uefa riconosciuta a Rafa dopo Newcastle e Borussia francamente sono parsi molti generosi, ma insomma le cose più importanti alla fine le ha fatte lui. Manca il gol, sicuro, ma di questo abbiamo già parlato. Quanto ad Adli, continuo vanamente a cercare di spiegare che non era evidentemente pronto a ritmi e sistemi, fino a quando non ha deciso lui stesso di mettersi in discussione e cambiare, liberandosi la mente e mettendo a disposizione il talento per il quale - non dimenticatelo - il Milan lo ha preso 3 anni fa. Lui si è adeguato e Pioli gliene ha riconosciuto il merito: dove stanno colpe e giustificazioni? Perché si continua a stare da una parte o dall'altra, dopo aver finalmente scoperto una risorsa così importante?

Adesso a casa di Gila. Complimenti, caro vecchio cuore: lavoro certosino con il Genoa: promozione e partenza in serie A convincente, costruttiva. Marassi è il primo bivio importante, perché deve dare la serenità mentale durante una pausa mai così opportuna e perché deve ridare fiducia verso un nuovo ciclo di partite terribili alla ripresa. I rossoblù stanno bene, sono in assoluta autostima, però vanno perforati là dove non sono invulnerabili.

Chiesa rosica: il Milan è arrivato quinto e gioca la Champions. Dovrebbe essere molto felice invece: è rimasto in Serie A...

Nonostante il nuovo stadio a San Donato sia ormai in rampa di lancio, il sindaco di Milano non molla: per Sala non è finita l'epoca di San Siro. Non si capisce se si aggrappi ai vaneggiamenti artistici di Vittorio Sgarbi, a un miracolo strutturale impensabile, a iniziative ludiche o di altra natura previste per il vecchio stadio, a una conversione di una giunta (e un'opposizione) atee, sterili, improduttive. Problemi suoi: il progetto Milan andrà avanti per conto suo. 


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