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Berlusconi ha capito cosa serve al Milan per riavvicinare il Barcellona

di Luca Serafini

L’applauso finale degli 80.000 di San Siro ha detto molte cose, almeno quante ne ha dette la partita: il Milan ci ha messo cuore, orgoglio e carattere, ma il Barcellona è più forte. Molto più forte. In un primo tempo in cui pure i rossoneri hanno segnato uno splendido gol e ne hanno sbagliato un altro monumentale con Robinho, i blaugrana hanno imperversato mettendo alla frusta la difesa campione d’Italia ed evidenziando limiti e differenze di valori chiari, netti: una velocità, un pressing, un’organizzazione, un collettivo che consente a questa squadra di entrare nella leggenda, vincendo tutto a livello di club e avendo fornito la sua spina dorsale alla Nazionale campione d’Europa e del mondo.
Cosa e quanto manca al Milan per ridurre il gap? Dal punto di vista strutturale, non molto: la squadra che Allegri ha forgiato per conquistare lo scudetto e che appare in grado di rivincerlo, ha trapiantato muscoli e corsa di Van Bommel e Robinho al posto di Pirlo e Ronaldinho. Ha costruito una formazione solida, capace di difendersi in maniera più robusta rispetto al recente passato, allo stesso tempo dando all’attacco una fantasia e una libertà di inventiva – o di inserimenti – che lo rendono il reparto più forte d’Italia. La tenacia con cui il Milan si difese al Camp Nou e al 90’ andò caparbiamente a cercare il 2-2 ha avuto seguito con la prova di mercoledì: sotto di un gol e sottomesso sul piano del gioco, ha reagito con grande temperamento battendosi alla pari. La superiorità degli spagnoli era tangibile anche senza l’accanimento arbitrale: la traversa, qualche miracolo di Abbiati e un po’ di errori di Villa e Fabregas hanno detto che di quel generoso rigore gli uomini di Guardiola potevano fare tranquillamente a meno.
Le differenze più clamorose a nostro avviso sono state nelle individualità. Che Nesta sia in difficoltà ormai contro avversari così rapidi nei movimenti e nelle esecuzioni, non è una sorpresa né una novità. Che Zambrotta in questo momento sia così meglio di Antonini o Taiwo, è da dimostrare. Che Van Bommel sia in calo dopo 6 mesi superbi, è un fatto. Che purtroppo Robinho si divori il doppio dei gol che segna, è statistica. Che lo spirito di squadra di Pedro, Villa e Sanchez non appartenga a Pato, lo sapevamo. Abate ha reagito con lo spirito del campione alle difficoltà della prima mezzora, Thiago ha fatto il suo, Aquilani è Aquilani ma Xavi è Xavi. Boateng, Seedorf e Ibrahimovic sono oggi forse i soli che potrebbero trovare posto nel Barça, se non apparisse quasi come una provocazione quella dello svedese…
Silvio Berlusconi a San Siro c’era, ha visto, ha capito, ha detto: noi abbiamo giocato bene, loro hanno giocato meglio. Così come dopo l’andata parlò esplicitamente di “lezione di calcio”. Non ce l’aveva con l’allenatore. Ha semplicemente capito che al suo Milan, a questo Milan, servono giocatori importanti per accorciare le distanze: un terzino, un centrocampista, un attaccante d’area. Subito. A maggio, poi, bisognerà fare ulteriori conti con le carte d’identità sgualcite e con la valutazione serena – a prescindere dall’anagrafe – su chi sia da Milan e chi no.   


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