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Basta "Fonsecate": la strada è stata trovata! Al Milan deve tornare l'ossessione per la vittoria: Coppa Italia da azzannare. Rinnovate Tijji prima di subito

di Pietro Mazzara

Partiamo da una base incontrovertibile: battere l’Empoli a San Siro, dominando la partita e senza troppi patemi, deve essere ordinaria amministrazione per il Milan. Il 3-0 di sabato, bello, netto, indiscutibile, è la forma di normalità che il mondo milanista vorrebbe vedere dalla propria squadra in partite come questa e anche di fascia superiore, con i dovuti aggiustamenti del caso. Non è un caso che con l’inserimento di un altro centrocampista come Yunus Musah, accanto a Youssouf Fofana e a Tijjani Reijnders, tutto diventi più facile ed equilibrato. Non è un caso che Alvaro Morata graviti maggiormente dai 25 metri in su piuttosto che fare 20 scatti all’indietro per essere sempre d’aiuto ai compagni. Perché con questa conformazione di centrocampo, la fase difensiva in via preventiva parte già da sette uomini e non da sei, ha un giocatore intermedio tra terzino ed esterno offensivo che può coprire più facilmente una determinata porzione di campo e può rallentare di almeno un tempo di gioco la manovra avversaria. L’obiezione potrebbe essere che con Chukwueze, specie a Cagliari, si è visto un Milan arrivare a comporre una linea difensiva a cinque con il nigeriano che inseguiva Augello. Vero, ma non è la stessa cosa. Il Milan, anche per questioni di una rosa incompleta numericamente a centrocampo, deve giocare con il 4-3-3 o 4-2-3-1 spurio, chiamatelo come volete. I risultati sono evidenti a tutti: i giocatori si sentono più a loro agio, c’è una maggior compattezza difensiva e una maggior serenità quando si deve spingere il pallone in avanti. Non è un caso che con questo assetto si sia vinto a Madrid e, in campionato, si sia fornita la prova più completa della gestione Fonseca. 

Il cammino milanista è costellato di bivi. Già domani sera se ne presenta uno, che è la sfida secca di Coppa Italia contro il Sassuolo. Venerdì c’è l’Atalanta, è vero, ma andare avanti in Coppa è fondamentale. Il Milan non vince il trofeo da oltre 21 anni e puntarci forte è un obbligo. Vincere aiuta a vincere, aiuta a fidelizzare i calciatori verso un progetto tecnico che risulta credibile solo se si vince. Puntare a vincere deve essere la mission per il Milan, non ci si può accontentare dei piazzamenti e ripetere come dei mantra: “Eh ma siamo arrivati secondi, eh ma vince solo uno, eh ma… eh ma… eh ma…”. No, non funziona così. Al Milan deve tornare l’ossessione per la vittoria, non per il piazzamento. Non funziona così e la Coppa Italia, così come la Supercoppa di gennaio, devono essere due ossessioni vere, forti, importanti per tutti. Dalla società all’allenatore passando per i calciatori. Vincere è davvero l’unica cosa che conta, il Milan non si può essere contenti per i secondi posti, specie se arrivano guardando la targa dell’Inter. 

Dopo il rinnovo di Matteo Gabbia, fortemente voluto dal giocatore, adesso c’è da blindare il prima possibile Tijjani Reijnders. L’olandese è un giocatore di un livello superiore, un leader tecnico per il quale è un piacere andare allo stadio. Sono rari, ormai, i passaggi a vuoto a livello di prestazione del 14, che ha un’aura diversa, è un calciatore diverso e del quale il Milan non può fare assolutamente a meno. Paradossalmente, forse sta diventando più prioritario il suo nuovo contratto rispetto alle contrattazioni con Maignan e Theo Hernandez. A proposito di quest’ultimo e di quanto è successo negli ultimi giorni. C’è solo una cosa che il mondo Milan deve fare qualora non fosse lui l’autore di quei gesti nei video in possesso di Corona, ovvero proteggerlo. Società e ambiente dovranno fare quadrato attorno a Theo, soprattutto se non vi saranno prove nette della sua colpevolezza. E poi sarà lui, magari, a esser grato per tale protezione. 


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