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Barcellona: Mourinho? Meglio il Milan. La Juve corre, corre...L'amore per il Milan di Paolo Maldini. Il derby dell'umiltà

di Mauro Suma

Più il barcellona gioca e vince contro il real di mourinho e più appare chiaro che la miglior prestazione stagionale contro i fenomeni sia ancora quella del milan a san siro in champions league. Gli antimilanisti a oltranza si avvinghiano al punteggio di quella partita, ma senza un rigore mezzo e mezzo e senza il fuorigiochino del primo gol, anche su questo ci sarebbe stato qualcosa da riscrivere. In ogni caso quella sera il campo ha dimostrato che i veri gol pesanti della partita li ha segnati il Milan, non andando illusoriamente in vantaggio come fa regolarmente il Real di Mourinho prima di perdere, ma rispondendo caparbiamente colpo su colpo, con Ibrahimovic e Boateng. E al di là dei gol, ci sono stati segmenti di partita in cui la Squadra più Forte del Mondo ha dovuto abbozzare rispetto alle occasioni, almeno quattro compresa la palla alta di Robinho, create dai rossoneri che non avevano né vulcani e né arbitri a favore.

La Juventus non conosce le mezze misure: se non chiude la partita, comincia a sentire il fiato sul collo del proprio allenatore, inizia a mulinare le gambe, a correre a perdifiato e finisce quasi regolarmente per perdere il filo. Nel 2012 è già accaduto due volte, a Lecce dove ha rischiato seriamente di pareggiare con quella palla di Pasquato nel secondo tempo e in casa con il Cagliari dove non è riuscita a conquistare i tre punti preventivati, finendo per guadagnare solo una lunghezza sul Milan e per perderne due rispetto all’Inter. La squadra bianconera ha assimilato al mille per mille il carattere del proprio allenatore: determinato, coraggioso, arrembante, ossessivo. Ma in tutto questo non c’è spazio per il colpetto giusto al momento giusto, per la giocata che risolva più di cento sgroppate sulla fascia. E’ una Juventus che non sa tirare il fiato, che non riesce ad ottenere il massimo del risultato con il minimo dello sforzo nei momenti di snodo, nelle fasi-crocevia delle partite. Un particolare non da poco in un Campionato così lungo, in cui non si possono vincere sempre le partite nello stesso modo.

Per l’ennesima volta, Paolo Maldini dichiara il suo amore per il Milan. Paolo vuole il Milan ed è pazzo del Milan. Il fatto che assembli questi valori, che gli fanno onore, e li comunichi in salsa piccante a mezzo stampa rivela, purtroppo per tutti gli sportivi rossoneri che sognano il massimo dello spazio per tutte le proprie bandiere storiche, una certa assenza di dialogo con il vertice operativo del Club. E purtroppo i tempi con i quali è stata rilasciata l’ultima intervista, che non possono sfuggire, una settimana dopo il ritorno di Adriano Galliani da Londra, evidenziano una scelta e non depongono a favore di una svolta. Paolo Maldini è un gigante del calcio italiano e della storia del Milan e gode di una stima senza confini all’interno dello spogliatoio rossonero. Quando parla, non è mai banale e si ripromette di dire la verità. Forse però, nemmeno nell’ultima intervista alla Rosea, ciò è avvenuto fino in fondo. Forse alcuni particolari dei suoi ultimi anni in rossonero devono ancora essere chiariti con Galliani. Farlo solo con gli amici più stretti rischia poi, alla lunga, di generare questi strascichi che non fanno bene né al Milan né a Paolo. Il quale deve convincersi che nei suoi confronti non ci sono pregiudizi: proprio Adriano Galliani nell’estate del 2009 gli aveva proposto fino all’ultimo di continuare a giocare con la maglia del Milan. La sua famiglia è sempre stata importante in casa rossonera, come confermato dal ruolo di tecnico prima e di responsabile degli osservatori poi, incarnato da papà Cesare dal 1998 al 2008. Una collaborazione, quest’ultima, che sarebbe andata oltre senza la libera scelta di Cesare Maldini di dedicarsi ad altro. Paolo si convinca che non c’è nulla di nulla e apra il dialogo con l’interessato. Non c’è alternativa. A meno che non abbia fatto la scelta, liberissima e rispettabilissima sia ben chiaro, di incarnare l’opposizione esterna e di essere l’alternativa in fieri all’attuale amministratore delegato del Milan. Ma il suo passaggio sulla sua disponibilità ad imparare e a non rivendicare ruoli di primaria importanza, non lascerebbe pensare ad una prospettiva di questo genere.

Mi fa umanamente piacere che Scarpini, due anni dopo, si ricordi ancora come si fa a godere per un derby vinto. A maggior ragione per una partita girata in dieci minuti a cavallo dei due tempi, dalla traversa di Van Bommel a portiere battuto all’unico errore di Abate in tutto il Campionato. Ranieri aveva battuto nello stesso modo il Milan, con una partita fotocopia dell’ultimo derby, anche un anno fa con il gol di Borriello dopo un tocco sotto porta dello stesso Ignazio in Milan-Roma. Ma secondo Scarpini sarebbe stata la settimana mediatica pre-derby a decidere la partita. Anche in questo Ranieri è stato umile a viverla con il bavero alzato, gli occhiali neri e i baffi finti. Tutto abbottonato e coperto come in campo. Succede. Ma da tutto questo trambusto il Milan esce sempre a più cinque. Così come era a più cinque dopo il derby-Scudetto del 2 Aprile 2011, quello preparato altezzosamente dai nerazzurri che autorizzarono il giro del mondo dei propri giocatori proprio nella settimana pre-derby, convinti com’erano di aver già vinto sia la partita con il Milan (finita poi 3-0) che il Campionato. Ad Aprile e Maggio 2011 il Milan vinse sia la battaglia che la guerra, adesso tocca a Ranieri non limitarsi alla battaglia e iniziare a sbottonarsi.


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