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Azienda Milan: servono figure di campo per aiutare il "settore Milanello". Anche Fonseca ne ha bisogno. Prezzi dei biglietti: una politica "anti tifoso"

di Pietro Mazzara

La vittoria di sabato contro l’Udinese ha detto che il Milan, quando vuole, può essere una squadra forte anche in 10 contro 11. Lasciamo stare le inutili polemiche da VAR sui due gol annullati ai friulani, perché sembra che ogni cosa debba essere contro qualcuno quando lo strumento tecnologico è stato inserito per dare un senso di giustizia secondo quelli che sono i protocolli, specie su situazioni di fuorigioco. Le scelte fatte da Paulo Fonseca hanno pagato contro un avversario che, obiettivamente, arrivava da un ottimo avvio di stagione. Senza l’espulsione di Tijjani Reijnders, probabilmente, il Milan avrebbe subito molto di meno e avrebbe avuto una produzione offensiva superiore. Tre punti tosti, sporchi, lottati ai quali dovranno fare seguito altre vittorie a partire da domani contro il Bruges in Champions League, dove va smossa la classifica da quel laconico zero che c’è accanto al nome del Milan. E poi ci sarà Bologna, senza Theo e Tijji, dove servirà un’altra dimostrazione di personalità prima del crash-test contro il Napoli del 29 ottobre.

Ma mentre passano le settimane e i mesi, c’è un qualcosa che sta diventando sempre più evidente: il Milan è ormai un’azienda, dove ogni settore deve concorrere per il bene comune che, in teoria, dovrebbe essere portare la squadra a vincere, ma che in realtà guarda – come fine ultimo – lo status patrimoniale del club. Il secondo bilancio di fila in attivo è certamente motivo di grande vanto per la dirigenza, perché se si pensa ai buchi post epoca Fininvest e cinesi siamo su tre galassie di differenza, ma allo stesso tempo c’è la forte sensazione che quell’ambizione di voler vincere sul campo sia subordinata alle vittorie dei numeri e al non rischiare qualcosa in più sul mercato per paura di intaccare il segno più davanti al differenziale tra entrate e uscite. Il prossimo 28 ottobre, il bilancio 2023-24 sarà presentato all’assemblea degli azionisti, dove ci saranno tante voci positive, ma ce ne sono alcune che non sono scritte nelle righe del faldone che continuano ad essere fuori dalla visione italiana della gestione di una squadra di calcio.

Già, la squadra, Milanello, i calciatori e la loro gestione è tutta sulle spalle di Paulo Fonseca, così come lo è stata totalmente sulle spalle di Stefano Pioli dopo il licenziamento di Paolo Maldini e Ricky Massara. Un peso enorme che l’allenatore portoghese – al netto dei confronti telefonici con Ibrahimovic – sta gestendo da solo, senza il supporto di una presenza quotidiana a Milanello di un membro del gruppo di lavoro dirigenziale. Ibra avrebbe i crismi per essere quella figura, ma il suo ruolo di consulente del club gli permette di non avere una presenza assidua al campo. Non sono il solo a pensare che al Milan manchi un uomo di campo, un direttore sportivo che stia tutti i giorni a Milanello e che, insieme a Fonseca, possa gestire le varie situazioni. La sensazione è che i calciatori siano visti come dei dipendenti dai quali dipende un’area della società e non come l’asset primario che deve trascinare il club verso nuovi traguardi sportivi, che chiamano inevitabilmente dei nuovi traguardi economici ed extra campo. Piaccia o meno, le vittorie si creano soprattutto con la gestione mentale degli atleti, ancor prima che con le loro doti tecniche. Fonseca potrà avere tutto il supporto del mondo dalla dirigenza, ma sarà sempre solo a gestire situazioni e scelte delle quali, poi, deve rispondere in prima persona. 

E poi vorrei riportare alla luce una problematica che continua a venir fuori ogni settimana, ovvero il costo dei biglietti per andare a San Siro. Anche nel listino per Milan-Juventus, i prezzi sono altissimi, con il secondo anello blu a 120 euro in vendita libera. 120 Euro. Per non parlare degli altri settori, dove ci sono cifre fuori logica. Questo continuo rincaro dei tagliandi – che sono sempre inferiori all’Inter, ma dobbiamo guardare in casa nostra – è una politica che in assenza di risultati sul campo può portare a scenari come quello di Milan-Liverpool. Mettere le mani nelle tasche dei tifosi, a meno che non si punti a riempire lo stadio di occasionali o di stranieri, è una pratica sempre complicata, ma allo stesso tempo antipatica. Qui, al netto di tutto, bisogna darsi una regolata anche perché risulta curioso il fatto che il costo di emanazione della carta Cuore Rossonero sia sceso a 5 euro contro i 20 dell’estate, proprio in un momento in cui si avvicinano big match come Milan-Napoli e Milan-Juve, dove il rischio potenziale sarà quello di ritrovarsi tanti tifosi avversari in giro per lo stadio. 


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