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A Udine Allegri che colpe ha? Berlusconi vuole il Milan ai milanisti con Guardiola allenatore. Lo spagnolo apre al rossonero ma vuole un progetto pluriennale. Inzaghi: le tappe del suo percorso da coach

di Pietro Mazzara

La situazione della panchina del Milan continua a tenere banco. Sotto tutti i punti di vista. La prestazione di Udine è un passo intermedio nell’arco delle partite nelle quali Massimiliano Allegri dovrà dare una continuità di risultati importante alla squadra.  A Udine, Max Allegri parte con il 4-3-3 per poi passare, a inizio secondo tempo al 4-2-3-1. Proprio quando il Milan si posiziona con i due esterni e Boateng alle spalle di Pazzini, ecco che l’Udinese va in difficoltà perché i rossoneri entrano negli spazi ma l’espulsione di Zapata ha inevitabilmente compromesso tutto quel che di buono stava iniziando a vedersi. I problemi difensivi sono evidenti, con Mexes che ha troppe amnesie (le solite) e con Christian Abbiati che regala un gol agli uomini di Guidolin. La domenica dei cambi era arrivata ma se poi sono gli errori dei singoli a mettere in difficoltà la squadra, allora vuol dire che non è proprio tutta colpa dell’allenatore. E’ un momento così  che non dovrebbe minare il destino di Allegri che le ha provate proprio tutte per non uscire battuto dal Friuli

Ma il destino sembra oramai inesorabilmente segnato. La pace mediatica siglata con Filippo Inzaghi (del quale parleremo dopo) voluta da Adriano Galliani, dopo una pesante lavata di capo per entrambi, è stato solo il culmine di un periodo nel quale l’ombra dell’ex attaccante rossonero ha aleggiato su Milanello in maniera anche fin troppo pesante. A fine stagione, salvo miracoli attualmente non prevedibili, le strade dell’allenatore livornese e quelle del Milan dovrebbero dividersi per iniziare un nuovo ciclo che, tuttavia, necessita di un allenatore di carisma e di una programmazione chiara da parte della società. I nomi che circolano per la prossima estate sono svariati, da Spalletti a Rijkaard finendo al grande sogno di Silvio Berlusconi: Pep Guardiola. L’ex allenatore del Barcellona ha aperto, per la prima volta, ad un suo approdo in rossonero dicendo che nel calcio non si sa mai. Berlusconi lo adora, sia a livello personale sia dal punto di vista del gioco come ha dimostrato anche il saluto affettuoso e il colloquio intercorso tra i due dopo i Milan-Barcellona della scorsa edizione della Champions League. Ma per riprodurre il bel giuoco che piace tanto al presidente ci vogliono i giocatori dalle spiccate qualità tecniche. Gente che dia del tu al pallone e che lo faccia correre al posto di correrci dietro. Alias, bisogna investire su centrocampisti che sappiano far girare la sfera e che sappiano dare il cambio di ritmo al match. Guardiola è uno che non si è mai fatto problemi a lavorare con i giovani e a lanciarli in prima squadra se di valore. Quando Barbara Berlusconi, come Adriano Galliani, dice che i campioni del futuro devono venire dal vivaio sottolinea anche l’importanza della loro crescita mentale oltre che tecnica. Perché San Siro è un giudice spietato che raramente concede una seconda chance.

L’idea di Berlusconi è quella di ridare il Milan ai milanisti, coinvolgendo nuovamente personalità di spicco dello spogliatoio degli ultimi anni in ruoli dirigenziali. In quest’ottica va inserito il corteggiamento a Rino Gattuso come membro dello staff tecnico. Il mediano, ha apprezzato la richiesta del presidente ma prima di appendere le scarpe al chiodo vuole mantenere fede alla parola data agli svizzeri del Sion. Non farà parte della prima squadra, nel medio periodo, Filippo Inzaghi. Alcuni organi di stampa lo affiancano continuamente alla prima squadra come spalla carismatica di Mauro Tassotti. Non sarà così. Inzaghi ha un percorso ben preciso da svolgere che lo vedrà, in questa stagione, allenare gli Allievi Nazionali. In base ai risultati e al suo grado di maturazione, nella prossima stagione potrebbe prendere (con tutto il suo staff) la guida della Primavera rossonera al termine del ciclo di Dolcetti. Lui è troppo intelligente per bruciarsi adesso e sa bene che deve crescere sotto tutti i punti di vista come allenatore. Se la lite con Allegri fosse stata più pesante come molti hanno riportato, a quest’ora sia lui che il tecnico della prima squadra, sarebbero stati licenziati in tronco dalla società. Ma questo è un capitolo chiuso.


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