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Nel segno dell'incoerenza: dalle tempistiche al casting, il caos è totale

di Michele Pavese

Marco Giampaolo ha atteso la comunicazione del suo esonero per oltre 48 ore, anche se sapeva di essere in bilico già da due settimane. In qualche modo ne era consapevole, se lo aspettava. La decisione definitiva è maturata nella notte tra sabato e domenica ed è figlia dell'ennesima prestazione sconcertante del Milan, che aveva sì conquistato i tre punti nella delicata sfida di Genova, ma aveva anche mostrato i soliti problemi di tenuta mentale e i limiti nel gioco. Nessun allenatore del recente passato era sembrato così confuso e privo di capacità gestionali, nessuno aveva mai prodotto così pochi risultati e così poche certezze. Il primo tempo di Marassi, insieme a tutti i 90' della domenica precedente, sono stati probabilmente il punto più basso toccato dal Diavolo nell'ultimo lustro.  

Il magico mondo di mister Giampaolo ha gettato il Milan nello sconforto più totale, tra scelte cervellotiche, integralismo e dichiarazioni surreali. Chi vi scrive, per deformazione familiare, tende sempre a difendere l'operato degli allenatori; in questo caso faccio davvero molta fatica a trovare un solo motivo per giustificare un mese e mezzo di nulla assoluto, di totale distacco dalla realtà. La domanda che verrebbe da porsi, prima di analizzare l'ennesimo delirio collettivo che sta investendo l'ambiente rossonero - compatto come non mai in questo momento di sconforto - è la seguente: perché ora? La sosta, vista da molti come il periodo migliore per cambiare e affidarsi a una nuova guida, in realtà non porta alcun beneficio, in quanto il nuovo allenatore ha la possibilità di lavorare con la rosa al completo soltanto nei 3 giorni precedenti la ripresa del campionato. Le tempistiche, quindi, sono l'ennesimo aspetto disarmante di questa storia, a cui qualcuno avrebbe dovuto scrivere la parola fine già dopo l'umiliante sconfitta contro la Fiorentina, se non addirittura prima. 

Nessuno venga più a parlarci di pianificazione a medio o a lungo termine, nessuno parli di visioni comuni, di condivisione. Ancora una volta, la società Milan si è fatta trovare impreparata e ha annaspato nel tentativo di rimediare agli errori commessi. L'unico candidato possibile per restituire un minimo di dignità alla stagione ed entusiasmo a una piazza depressa sarebbe stato Luciano Spalletti. Il nome di Stefano Pioli, cercato contemporaneamente dalle ultime della classe, non sarebbe dovuto nemmeno circolare in questo momento storico, per tutta una serie di ragioni. Marco Giampaolo, o meglio, la scelta di Marco Giampaolo, portava con sé una precisa filosofia, la convinzione che il bel gioco avrebbe riportato il club in alto. Per questo era terminato il rapporto con Gennaro Ivan Gattuso, a cui bisognava riconoscere già 4 mesi fa lo straordinario lavoro svolto, ma il cui stile non riusciva a soddisfare le esigenze della dirigenza e di parte della tifoseria. Giampaolo, purtroppo, si è fatto schiacciare dal peso della responsabilità e ha perso la bussola in pochissime settimane. È bastato l'esordio in campionato a far vacillare le sue certezze, non sono stati sufficienti i due successi seguenti a riportarlo sui binari giusti. Si è smarrito nelle proprie convinzioni, non ha saputo reggere la pressione ed è crollato, seppur in piedi, a Genova. Ora il Milan riparte da Stefano Pioli e sembra un controsenso assoluto, per quello che si era tentato di costruire in estate, per l'approccio immediato a Spalletti (prima scelta ovvia) e per quella che è sempre stata la "normalità" del 53enne di Parma. Una normalità che spesso fa rima con mediocrità. Una incomprensibile retromarcia, a riprova di quanto sia difficile lavorare nel Milan di oggi. Ombre scurissime si addensano sulla proprietà e sulla dirigenza: il fallimento di Giampaolo è il fallimento di tutti, l'ennesimo progetto tecnico che naufraga in pochissimo tempo e che viene rimpiazzato da un'incognita. Una mazzata definitiva anche sul morale dei tifosi, che fino ad oggi sono stati encomiabili e hanno sempre garantito il massimo supporto, nonostante alcune normali divergenze concettuali. Oggi, nessuno crede più in questo Milan. La speranza è che il nuovo mister sorprenda e faccia ricredere tutti, in barba allo scetticismo e alla totale mancanza di fiducia. A questo punto, però, tanto valeva insistere su Giampaolo. Sarebbe stato più coerente.


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