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Né amici di Maldini, né vedove di Gattuso. Conta solo il Milan

di Michele Pavese

Il Milan che arranca, perde sei partite ufficiali su undici e torna a rivedere le streghe dopo averle scacciate nella notte di Halloween, è un bersaglio comodo su cui scaricare una raffica di critiche, insulti e sentenze. E non parliamo dei retroscena di mercato: l'ultimo, in ordine cronologico, si riferisce a una richiesta fatta da capitan Romagnoli - a nome di tutti i compagni - a Paolo Maldini, all'indomani dell'esonero di Marco Giampaolo: richiamare Gennaro Ivan Gattuso. 

In questo momento storico di grande difficoltà e di enormi cambiamenti, è fin troppo facile dire "l'avevo detto". Così, giorno dopo giorno, cresce il numero delle vedove di Rino, che pochi mesi fa aveva sfiorato l'impresa di regalare la Champions a una squadra decisamente meno completa di quella attuale, ma più forte mentalmente e di sicuro più compatta ed equilibrata. I meriti del tecnico calabrese sono riconosciuti da chiunque mastichi un po' di calcio, sebbene abbia mostrato qualche limite - più che altro dovuto all'inesperienza - nei momenti cruciali della stagione. Limiti che spesso venivano nascosti, perché Gattuso è stato bravo a lavorare su pochi concetti - linee strette e difesa bassa, evitando errori individuali e contropiedi devastanti -, consapevole che ottenere un risultato positivo fosse più importante di inutili e autoreferenziali esperimenti tattici. Un pragmatismo che, passo dopo passo e aggiungendo determinati tasselli, avrebbe forse consentito di superare la lunga notte e restituire dignità al mondo rossonero..

Conoscendo i soggetti in questione, è facile intuire perché l'ipotesi di un riavvicinamento non sia stata presa in considerazione nemmeno per un secondo. Da una parte c'è l'orgoglio di chi ha compiuto una determinata scelta, la rivendica - a torto o a ragione - e non vuole fare un passo indietro; dall'altra lo stesso sentimento di chi è stato allontanato senza troppi complimenti, alla ricerca di un'utopia inattuabile con una rosa composta per la maggior parte da giovani di belle speranze. Se mancano giocatori di livello e di esperienza, non si può lavorare su concetti diversi (l'unica eccezione, in Serie A, è la splendida Atalanta di Gian Piero Gasperini). Gattuso lo aveva capito e infatti aveva chiesto rinforzi di spessore. Il resto è storia, sebbene neanche il più fantasioso dei tifosi avrebbe mai immaginato di ritrovarsi in questo scenario catastrofico. 

La ricerca di un capro espiatorio è l'esercizio più sbagliato che si possa compiere. Gattuso non sarebbe mai tornato, Maldini non avrebbe mai bussato alla sua porta. Fine della storia e di tutti i retroscena. Lo spettacolo deve andare avanti, e con esso il Milan, che è l'unica cosa che conta, al di là di allenatori e dirigenti. Da anni ripetiamo più o meno le stesse cose e forse è questo il problema più grande: l'abitudine alla mediocrità, l'assuefazione alla sconfitta. Vivere di rimpianti e di cosa sarebbe successo se, non aiuta affatto, anzi, contribuisce a dividere ancor di più un ambiente già provato da anni di frustrazioni. Vero è che la mentalità vincente non si compra al supermercato e che dal pantano si possa uscire solo con una programmazione mirata e lungimirante; oggi, però, l'unica speranza che ci resta è che un evento qualsiasi, una scintilla, si inserisca in questa linea temporale e riesca a deviarla (come in Ritorno al Futuro), raddrizzando una stagione che potrebbe risultare la peggiore della storia recente del Diavolo. Quali occasioni migliori delle prossime sfide di campionato? 


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