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Biasin: "All'Inter rimpiangono Pazzini e, ancor di più, De Jong"

di Matteo Bursi
Fonte: Fabrizio Biasin per Tuttomercatoweb.com

A una certa età si diventa grandi e tocca cercar casa. Abbandoni mammà che ti fa il caffè alla mattina e ti lava le mutande alla bisogna e provi ad arrangiarti (spesso senza successo). Non so se a voi è capitato qualcosa del genere, al sottoscritto un sacco di tempo fa (ma le mutande le lava ancora lei). L'importante quando ti piazzi nell'alcova è trovare nuovi comfort senza rinunciare a quelli vecchi. E poi ci sono gli optional, superflui ma capaci di rendere un appartamento davvero speciale. Succede più o meno così anche quando si apparecchia una squadra di calcio. Una volta sistemati i ruoli chiave, puoi scegliere se completare il quadro con giocatori normali o campioni. Diciamolo chiaro però: senza questi ultimi una squadra può solo galleggiare. E a volte non ci riesce nemmeno, come sta accadendo all'Inter che rischia di affondare per quel buco lasciato nel canotto nerazzurro dall'addio di Maicon.
Annunciata, reclamata, attesa, la partenza del brasiliano è riuscita comunque a sorprendere i vertici nerazzurri. Branca e Ausilio tra un viaggio e l'altro per il Brasile a inseguire Lucas e a Napoli per corteggiare Lavezzi (uh, sembra una vita fa...), si son dimenticati di prendere un altro terzino. Certo, c'è Jonathan che a paragone con l'eroe del triplete sembra un bilocale costruito dietro a una discarica rispetto a un loft in centro. Stramaccioni non si lamenta e si arrangia con Zanetti, ma - spiace dirlo - il capitano difficilmente riuscirà a reggere un'intera stagione a fare su e giù per la fascia. E' una splendida palazzina Liberty, l'argentino, ma alla lunga le tubature si usurano, c'è poco da fare. Va bene chiedergli di giocare 50 partite in sette ruoli, ma designarlo come terzino titolare è un vero abuso edilizio. Che poi se ne accorge pure Totti (il 36enne Pupone, mica Bale) e ti punisce come la Finanza non a colpi di multe ma di cross.
Il resto dell'edificio nerazzurro sembra avere buona qualità, ma è da organizzare in fretta. Soprattutto in mezzo al campo dove Cambiasso arranca ancora, ma è l'unico a poter fare quello che serve a Strama. Gargano quando c'è da impostare va in affanno, mentre Guarin (grande giocatore, un po' arruffone ma davvero forte) lotta e spinge pur senza essere un architetto. E poi c'è l'equivoco là davanti: Sneijder e Cassano. L'olandese di inizio anno è sembrato un lampadario di Murano, il barese può diventare un funzionalissimo lucernario Ikea. Tra i due, però, bisogna fare una scelta, perché troppa luce dà fastidio agli occhi. E Coutinho? Che male ha fatto per essere considrata l'ultima scelta? Strama impari da Zeman, quello che non ha paura di buttare nella mischia pischelli dai nomi ai più sconosciuti.
Se la ridono intanto dall'altra parte del Naviglio dopo la tripletta di Pazzini. C'è poco da festeggiare, però, in casa rossonera dove la cristalleria continua a cadere vittima di infortuni a raffica. Siamo già a tre in due partite, più dei gol subiti dalla retroguardia di Allegri: due che non sono mica pochi. Soprattutto se l'unico a dimostrare un po' di personalità è il pulcino Acerbi, che non fa Pio (per fortuna, uno strazio quella canzone là) ma rispetto ai compagni fa la figura del muro portante. Troppi gli spifferi nel bilocale rossonero nonostante la buona volontà degli esterni: Antonini e De Sciglio in effetti non se la sono cavata male in questo inizio di stagione. Può fare molto più male ai nerazzurri l'esplosione di De Jong: Moratti ha accarezzato a lungo il pensiero dell'olandese, Galliani è andato a Manchester e se l'è preso quando il conto alla rovescia del mercato era iniziato da un bel po'. Quello sì che potrebbe essere un brutto pentimento, forse anche più di Pazzini.
In queste prime pagelle di campionato - per una volta basate su due partite prima della sosta invece che una - il voto più alto tocca ancora alla Juve, probabilmente la squadra più completa insieme al Napoli di Mazzarri. Curiosità: i rigori a favore sono già due, quasi quanti quelli dell'intera scorsa stagione. Non significa niente ma va scritto, così buttiamo in mezzo un po' di finta polemica di quelle da bar ("Uè, alla Juve regalano i rigori". "Uè, pensa ai fatti tuoi che Pazzini si butta come la Cagnotto". "Uè tu taci che al Pescara gli avete derubato un rigore". E così via).
Due considerazioni su Carrera. Il vice di Conte c'ha preso gusto al palcoscenico. Battute, uscite e bella presenza (la chioma folta aiuta assai): se il Tnas non rimetterà in ballo il suo "capo", l'allenatore della domenica rischia di prendersi tutto il soggiorno buono. E chissà che Conte, relegato in uno sgabuzzino come a Udine, non finisca per irritarsi.
Chiusura con Roma e Napoli, due attici da paura a guardar bene. Uno costoso e rinnovato, l'altro con il fascino dell'antico: il bel gioco fa sognare tutto il calcio del centro-sud Italia che per una volta ha lezioni da dare ai nebbiosi milanesi. Per i giallorossi la sfida è tenere i ritmi zemaniani fino a fine campionato (Totti compreso); ai partenopei l'obbligo di non rovinarsi nel corso dell'anno come succede al prato spelacchiato di un San Paolo che meriterebbe più considerazione (San Diego Armando, pensaci tu).

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